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Nel 1931 Victoria Ocampo fondò a Buenos Aires la rivista Sur, che contava Borges e Bioy Casares tra i collaboratori e diventò un punto di riferimento per la letteratura latinoamericana. Sembra volersi rifare a questa tradizione l’omonima casa editrice italiana, che inaugura il proprio catalogo con tre titoli argentini.
I fantasmi di César Aira è il secondo e, per ora, il più eccentrico. Chi già conosce l’autore non se ne stupirà; chi invece non avesse mai letto uno degli oltre settanta romanzi di Aira troverà utili gli articoli e le interviste del blog della SUR¹ (c’è da sperare che questi approfondimenti diventino una tradizione consolidata). Nelle “Istruzioni per leggere César Aira”, Luciano Lamberti² lo definisce non uno scrittore, ma un artista concettuale, per propria ammissione più interessato al procedimento artistico che non all’opera in sé. Aira scrive senza revisione e senza preoccuparsi necessariamente che il risultato sia ben strutturato; tanto che le sue trame sono a volte imperfette e un po’ sbilenche.
Il cantiere di un palazzo in costruzione a Buenos Aires è lo scenario di questo romanzo, che si apre nella tarda mattinata dell’ultimo dell’anno, data prevista per la fine dei lavori. I futuri inquilini sono quindi invitati a visitarlo, sebbene l’ultimazione dei lavori tardi. Gli appartamenti sono lussuosi e gli acquirenti, argentini benestanti, si fanno accompagnare da un piccolo stuolo di architetti, vivaisti, arredatrici e falegnami, tutti visibilmente indaffarati. Ad essere oberati sono in realtà gli operai, in buona parte cileni, costretti agli straordinari nel meriggio dell’estate australe. La contrapposizione tra i due gruppi è subito forte, e a quelle nazionali (spesso rimarcate dai personaggi: “noi cileni siamo diversi”) si aggiungono le differenze di classe.
Entra in scena fin dalle prime pagine anche il terzo gruppo di questo microcosmo: i fantasmi, che affollano il palazzo. Nudi e impolverati benché incorporei, si danno a burle e scherzi, sospesi a mezz’aria tra un piano e l’altro. A Buenos Aires, sembra dirci Aira, i fantasmi non sono affatto gotici, non aspettano il favore delle tenebre e prediligono anzi le ore assolate della siesta. Sono invisibili agli argentini, ma curiosamente non ai cileni, che tuttavia non si preoccupano minimamente della loro presenza. Si crea quindi una curiosa convivenza, di cui i ricchi argentini sono del tutto ignari.
Unici residenti dell’edificio sono, provvisoriamente, il custode e la sua famiglia, anch’essi cileni. Raúl Viñas vive con la moglie Elisa ed i figli in condizioni precarie e vagamente pericolose, ma senza curarsene troppo, e pregustando piuttosto il cenone dei Viñas che si terrà nella loro rovente cucina all’ultimo piano. La Patri, però, la figlia adolescente che Elisa ha avuto da una precedente relazione con “il migliore uomo del mondo”, ha ricevuto l’invito anche per un’altra festa: quella dei fantasmi.
“La Patri sentì che davanti a quegli uomini le si stringeva il cuore… Di fatto, fu come se vedesse degli uomini per la prima volta. Fermatevi!, urlava la sua anima, non andate mai più via! Voleva vederli così per tutta l’eternità, anche se l’eternità fosse durata un istante, soprattutto se fosse durata un istante. Non riusciva a concepirla in altro modo. Vieni, eternità, vieni, vieni e sii l’istante della mia vita!, esclamava tra sé.
Naturalmente dovrai essere morta, disse uno di loro” (101).
Aira costruisce un meccanismo narrativo accurato e tanto compatto da rispettare le unità aristoteliche di tempo e luogo, ma non teme poi di inserire divagazioni a volte noiose, considerazioni spesso banali, e personaggi secondari che s’attardano per poi sparire. Durante l’imprescindibile siesta la Patri sogna il palazzo in costruzione, e il sogno permette all’autore di lanciarsi in dieci pagine di disquisizioni così estemporanee da non fingere nemmeno di essere metaletterarie:
“Il non costruito è caratteristico delle arti che esigono per la loro realizzazione il lavoro retribuito di un gran numero di persone, l’acquisto di materiali, l’impiego di attrezzature costose, eccetera. Il caso più tipico è quello del cinema; chiunque può pensare ad un film da realizzare, ma gli ostacoli posti dal saperlo fare, dai costi, dal personale, fanno sì che novantanove volte su cento il film non venga girato. Si potrebbe perfino sospettare che questa notevole seccatura, che i progressi della tecnologia non hanno fatto niente per alleviare, costituisca un aspetto essenziale del fascino del cinema, che paradossalmente lo mette alla portata di tutti, nei termini di una fantasticheria irrealizzabile. Con le altre arti, in misura maggiore o minore, succede la stessa cosa. Però si potrebbe concepire un’arte nella quale le limitazioni della realtà fossero minime, nella quale il fatto e il non fatto si confondessero, un’arte istantaneamente reale e senza fantasmi. Forse esiste, ed è la letteratura” (57).
La postfazione rivela che “Aira si definisce uno scrittore di idee più che di trama”, e questa parzialità è rispecchiata dalla sua scarsa cura per la prosa; ma le idee fondanti del romanzo sono effettivamente stimolanti: chi sono i fantasmi? Perché sono tutti maschi? Perché infestano un palazzo appena costruito? Perché gli argentini non possono vederli?
Note
¹ http://blog.edizionisur.it/category/autori/cesar-aira/
² http://blog.edizionisur.it/07-11-2011/istruzioni-per-leggere-cesar-aira/
Bibliografia
http://nyti.ms/tEqbCC recensione del NY Times
http://lat.ms/tGERxI recensione del LA Times
http://bit.ly/aPwlES intervista per BOMB Magazine
I fantasmi di César Aira è il secondo e, per ora, il più eccentrico. Chi già conosce l’autore non se ne stupirà; chi invece non avesse mai letto uno degli oltre settanta romanzi di Aira troverà utili gli articoli e le interviste del blog della SUR¹ (c’è da sperare che questi approfondimenti diventino una tradizione consolidata). Nelle “Istruzioni per leggere César Aira”, Luciano Lamberti² lo definisce non uno scrittore, ma un artista concettuale, per propria ammissione più interessato al procedimento artistico che non all’opera in sé. Aira scrive senza revisione e senza preoccuparsi necessariamente che il risultato sia ben strutturato; tanto che le sue trame sono a volte imperfette e un po’ sbilenche.
Il cantiere di un palazzo in costruzione a Buenos Aires è lo scenario di questo romanzo, che si apre nella tarda mattinata dell’ultimo dell’anno, data prevista per la fine dei lavori. I futuri inquilini sono quindi invitati a visitarlo, sebbene l’ultimazione dei lavori tardi. Gli appartamenti sono lussuosi e gli acquirenti, argentini benestanti, si fanno accompagnare da un piccolo stuolo di architetti, vivaisti, arredatrici e falegnami, tutti visibilmente indaffarati. Ad essere oberati sono in realtà gli operai, in buona parte cileni, costretti agli straordinari nel meriggio dell’estate australe. La contrapposizione tra i due gruppi è subito forte, e a quelle nazionali (spesso rimarcate dai personaggi: “noi cileni siamo diversi”) si aggiungono le differenze di classe.
Entra in scena fin dalle prime pagine anche il terzo gruppo di questo microcosmo: i fantasmi, che affollano il palazzo. Nudi e impolverati benché incorporei, si danno a burle e scherzi, sospesi a mezz’aria tra un piano e l’altro. A Buenos Aires, sembra dirci Aira, i fantasmi non sono affatto gotici, non aspettano il favore delle tenebre e prediligono anzi le ore assolate della siesta. Sono invisibili agli argentini, ma curiosamente non ai cileni, che tuttavia non si preoccupano minimamente della loro presenza. Si crea quindi una curiosa convivenza, di cui i ricchi argentini sono del tutto ignari.
Unici residenti dell’edificio sono, provvisoriamente, il custode e la sua famiglia, anch’essi cileni. Raúl Viñas vive con la moglie Elisa ed i figli in condizioni precarie e vagamente pericolose, ma senza curarsene troppo, e pregustando piuttosto il cenone dei Viñas che si terrà nella loro rovente cucina all’ultimo piano. La Patri, però, la figlia adolescente che Elisa ha avuto da una precedente relazione con “il migliore uomo del mondo”, ha ricevuto l’invito anche per un’altra festa: quella dei fantasmi.
“La Patri sentì che davanti a quegli uomini le si stringeva il cuore… Di fatto, fu come se vedesse degli uomini per la prima volta. Fermatevi!, urlava la sua anima, non andate mai più via! Voleva vederli così per tutta l’eternità, anche se l’eternità fosse durata un istante, soprattutto se fosse durata un istante. Non riusciva a concepirla in altro modo. Vieni, eternità, vieni, vieni e sii l’istante della mia vita!, esclamava tra sé.
Naturalmente dovrai essere morta, disse uno di loro” (101).
Aira costruisce un meccanismo narrativo accurato e tanto compatto da rispettare le unità aristoteliche di tempo e luogo, ma non teme poi di inserire divagazioni a volte noiose, considerazioni spesso banali, e personaggi secondari che s’attardano per poi sparire. Durante l’imprescindibile siesta la Patri sogna il palazzo in costruzione, e il sogno permette all’autore di lanciarsi in dieci pagine di disquisizioni così estemporanee da non fingere nemmeno di essere metaletterarie:
“Il non costruito è caratteristico delle arti che esigono per la loro realizzazione il lavoro retribuito di un gran numero di persone, l’acquisto di materiali, l’impiego di attrezzature costose, eccetera. Il caso più tipico è quello del cinema; chiunque può pensare ad un film da realizzare, ma gli ostacoli posti dal saperlo fare, dai costi, dal personale, fanno sì che novantanove volte su cento il film non venga girato. Si potrebbe perfino sospettare che questa notevole seccatura, che i progressi della tecnologia non hanno fatto niente per alleviare, costituisca un aspetto essenziale del fascino del cinema, che paradossalmente lo mette alla portata di tutti, nei termini di una fantasticheria irrealizzabile. Con le altre arti, in misura maggiore o minore, succede la stessa cosa. Però si potrebbe concepire un’arte nella quale le limitazioni della realtà fossero minime, nella quale il fatto e il non fatto si confondessero, un’arte istantaneamente reale e senza fantasmi. Forse esiste, ed è la letteratura” (57).
La postfazione rivela che “Aira si definisce uno scrittore di idee più che di trama”, e questa parzialità è rispecchiata dalla sua scarsa cura per la prosa; ma le idee fondanti del romanzo sono effettivamente stimolanti: chi sono i fantasmi? Perché sono tutti maschi? Perché infestano un palazzo appena costruito? Perché gli argentini non possono vederli?
Note
¹ http://blog.edizionisur.it/category/autori/cesar-aira/
² http://blog.edizionisur.it/07-11-2011/istruzioni-per-leggere-cesar-aira/
Bibliografia
http://nyti.ms/tEqbCC recensione del NY Times
http://lat.ms/tGERxI recensione del LA Times
http://bit.ly/aPwlES intervista per BOMB Magazine
dark
reflective
medium-paced
Plot or Character Driven:
A mix
Loveable characters:
Yes
Diverse cast of characters:
Yes
Tam kartui gerai. Atrodo, skaičiau prieš porą savaičių, bet norint bent kažką prisiminti, tenka gerokai pamąstyti. Vienintelis ryškus prisiminimas, šios knygos išskirtinumas yra tai, kad vaiduokliai vyrai ir atrodė kaip tikri nuogi vyrai, turėjo penį. Ir autorius neleido to pamiršti, pakartojo net ne vieną ir ne du kartus.
Temų daug, gal net per daug: Argentinos klimatas, emigrantų darbas, gyvenimo sąlygos, merginos lytinė branda, gyvenimo ir mirties sandūra, šeimos buitis. Bandyta aprėpti viską, bet tuo pačiu ir nieko, todėl viskas iki galo atrodo neišplėtota. Vos tave užkabina viena tema, žiūrėk, jau judame toliau ir nebegrįžtame arba pritrūksta gilesnių įžvalgų, praplaukiama paviršiumi.
Tikėjausi vaiduoklių, o jų čia buvo mažiausiai. Vos autorius pamini kažką įdomesnio susijusio su jais, po poros sakinių jie tarsi išnyksta. Vos išgirstam jų juoką, ir vėl staiga pradingsta. Norėjosi nerti į vaiduoklių pasaulį, suprasti, kodėl jie kabo ant laikrodžio, kodėl jie nuogi, kodėl pasirodo tam tikrą valandą, kodėl jie švenčia naujus būtent taip. Bet nei vienas mano kodėl nebuvo atsakytas. Tiesiog taip yra ir nėra ko čia gilintis. Todėl likau gana nusivylusi.
Nebuvo viskas taip blogai. Autorius tikrai įtraukiančiai pasakoja istoriją. Klausaisi dialogų, lyg pats dalyvautum veiksme ir lauktum naujųjų išvakarės. O pabaiga taip pat verčianti susimąstyti. Visgi to nepakako knygos geram įvertinimui ir tuo labiau, kad išliktų atminty. O gal aš kažko nesupratau, neužčiuopiau esmės?
Daugiau apžvalgų rasite:
https://www.juoduantbalto.lt
IG: https://www.instagram.com/panele_zi
Temų daug, gal net per daug: Argentinos klimatas, emigrantų darbas, gyvenimo sąlygos, merginos lytinė branda, gyvenimo ir mirties sandūra, šeimos buitis. Bandyta aprėpti viską, bet tuo pačiu ir nieko, todėl viskas iki galo atrodo neišplėtota. Vos tave užkabina viena tema, žiūrėk, jau judame toliau ir nebegrįžtame arba pritrūksta gilesnių įžvalgų, praplaukiama paviršiumi.
Tikėjausi vaiduoklių, o jų čia buvo mažiausiai. Vos autorius pamini kažką įdomesnio susijusio su jais, po poros sakinių jie tarsi išnyksta. Vos išgirstam jų juoką, ir vėl staiga pradingsta. Norėjosi nerti į vaiduoklių pasaulį, suprasti, kodėl jie kabo ant laikrodžio, kodėl jie nuogi, kodėl pasirodo tam tikrą valandą, kodėl jie švenčia naujus būtent taip. Bet nei vienas mano kodėl nebuvo atsakytas. Tiesiog taip yra ir nėra ko čia gilintis. Todėl likau gana nusivylusi.
Nebuvo viskas taip blogai. Autorius tikrai įtraukiančiai pasakoja istoriją. Klausaisi dialogų, lyg pats dalyvautum veiksme ir lauktum naujųjų išvakarės. O pabaiga taip pat verčianti susimąstyti. Visgi to nepakako knygos geram įvertinimui ir tuo labiau, kad išliktų atminty. O gal aš kažko nesupratau, neužčiuopiau esmės?
Daugiau apžvalgų rasite:
https://www.juoduantbalto.lt
IG: https://www.instagram.com/panele_zi
challenging
dark
reflective
tense
medium-paced
2/5 ⭐️
There is something dreamlike about the points that provide a view of the other side, but they belong not so much to the dreamtime as to dream work. The nomads enter the dreamtime not by setting off on some extraordinary, dangerous voyage, but through their everyday, ambulatory movement.
Can you overdose on the slow lyrical nostalgia in literature? I think I have. Four years ago I might have loved this book but now I feel it wasn’t for me. I would have devoured it back when I was deep into the MCU (Murakami Cinematic Universe) though.
It’s weird — I think I’ve grown up and let myself enjoy simpler stuff.
There is something dreamlike about the points that provide a view of the other side, but they belong not so much to the dreamtime as to dream work. The nomads enter the dreamtime not by setting off on some extraordinary, dangerous voyage, but through their everyday, ambulatory movement.
Can you overdose on the slow lyrical nostalgia in literature? I think I have. Four years ago I might have loved this book but now I feel it wasn’t for me. I would have devoured it back when I was deep into the MCU (Murakami Cinematic Universe) though.
It’s weird — I think I’ve grown up and let myself enjoy simpler stuff.
Haunted slice of life with a woozy, pleasant appeal. I liked the sense of place, the camaraderie of both the family and the builders. I struggled to connect with the themes, however—maybe there’s some cultural significance I’m missing? The headier, more philosophical passages also dragged for me and seemed like essays awkwardly shoehorned into a novella.
Also, unrelated to the story itself, but yikes there’s a lot of typos in this thing.
Also, unrelated to the story itself, but yikes there’s a lot of typos in this thing.
3.5 stars
A quick read, and one that spans just a day in the life of some construction workers, a family, and a number of, well, title characters. (Why are the ghosts lurking in the halls of a building that's under construction, anyway?) The premise is interesting, the writing lyrical, and the developments toward the end had me quickly turning pages, but there wasn't quite enough here to sink my teeth into. It feels either too short or too long.
A quick read, and one that spans just a day in the life of some construction workers, a family, and a number of, well, title characters. (Why are the ghosts lurking in the halls of a building that's under construction, anyway?) The premise is interesting, the writing lyrical, and the developments toward the end had me quickly turning pages, but there wasn't quite enough here to sink my teeth into. It feels either too short or too long.
This book is an unexpected little gem. It focuses on a new condo's work foreman's family in Argentina. All of the action takes place over a single New Year's Eve, and in the space of that one day, and in 139 tiny pages, the author beautifully renders a family on the crux of change. The characters stand in stark contrast to the strange ghosts that haunt the unfinished building, which only the family can see. The ghosts serve to remind us of what's "real" and what's not in our worlds, and how that line gets blurred. It's a fascinating and beautiful read, with a kicker of an ending.
Argentinian author who is well worth a gander as soon as you get the chance. Intimate stream of consciousness style that transports you to Buenos Aires and ties you to the fate of a girl called Patri on New Years Eve- i aren't sure if i understand the moral but i definitely enjoyed the journey.
This philosophical stream of consciousness ultimately boils down to the choice of a young woman. I dug it. Very different kind of read from the usual standard plot driven stories.