Take a photo of a barcode or cover
Questo libro mi ha lasciato una sensazione simile, per certi versi, a quella che rimane dopo aver mangiato un dolcetto. Lo pregusti, poi lo mangi, facciamo pure che non lo metti tutto in bocca subito ma lo dividi in due morsi; in un momento è finito e poi ti rimane in bocca un sapore buono, dolce, ma anche la sensazione che non sia stato soddisfacente quanto ti aspettavi.
Credo che questa sia la metafora migliore per descrivere Il ristorante dell’amore ritrovato, e giuro che mi sono resa conto solo in un secondo momento di quanto fosse doppiamente adatta, data la sua natura culinaria, che ben si sposa con l’importanza che il cibo ha nella vita di Ringo, la protagonista di questo romanzo.
La cucina è la sua passione sin dall’infanzia e il suo sogno è quello di aprire un ristorante: lo è prima del brutto abbandono da parte del fidanzato e lo è anche dopo. E’ questa sua aspirazione così forte che le permette di andare avanti e di non cadere nella più totale disperazione. Ringo non si è lasciata abbattere, né ha cominciato a compatirsi, ma si è rimboccata le maniche e ha immediatamente cominciato a pensare al da farsi. Certo, qualche volta cede ai ricordi e alle lacrime, ma cerca di non pensarci.
Non è la prima volta che incontro una reazione contenuta, molto interiorizzata, in un romanzo giapponese. Per quanto la mia conoscenza della cultura nipponica non sia approfondita, le mie letture mi portano a credere che sia un tratto tipico della loro sensibilità. Un modo pacato e sommesso, in un certo senso, di approcciarsi agli eventi terribili che possono capitare nel corso della vita.
L’unica testimonianza che rende il dolore di Ringo chiaro agli altri è l’afonia completa che la coglie, improvvisamente, dopo lo choc subìto. La scelta di zittire la propria protagonista è molto particolare, soprattutto quando quest’ultima è anche la voce narrante (anche se forse pensiero narrante sarebbe più corretto, in questo caso), dato che tutto il libro è scritto in prima persona singolare. E’ la prima volta che leggo un’espediente simile e devo dire che non mi è dispiaciuto: dato che Ringo è costretta a comunicare con gli altri solo lo stretto necessario, scrivendo ciò che vorrebbe dire su un taccuino che ha sempre con sé, si deve affidare per forza di cose alle sue azioni. Narrate da lei, queste finiscono per essere inframmezzate di ricordi e riflessioni, dando la possibilità al lettore di conoscerla meglio; oltretutto, offrono anche l’occasione di approfondire il suo amore per la cucina, dato che quasi tutto quello che fa è legato al Lumachino, il ristorante che aprirà una volta tornata nel paese natio.
Le descrizioni dedicate al cibo e agli ingredienti sono molte e molto sentite. Dato che anche a me piace molto scoprire l’origine degli ingredienti, e mi piace anche vedere altre persone che cucinano, ho trovato questi passaggi davvero interessanti e teneri, a modo loro; ma temo che un lettore poco interessato a questo tipo di particolari possa trovarli piuttosto noiosi.
L’ultima cosa che mi preme notare, riguardo alla narrazione, è che anche gli altri personaggi, com’è ovvio, subiscono l’effetto del punto di vista di Ringo – anche se non sempre questo va a loro vantaggio. L’esempio più calzante è la madre della protagonista, Ruriko; il rapporto tra le due è tutto, meno che idilliaco, e ovviamente questo si riflette sul modo in cui Ruriko ci viene mostrata.
La loro relazione è il secondo nodo fondamentale di questo romanzo: si scopre man mano perché Ringo la odi tanto, quali sono le verità legate alla sua nascita e la natura più nascosta di questa madre che a tratti pare indecifrabile, nascosta com’è dagli atteggiamenti che ha deciso di avere. Nel corso della loro convivenza forzata, si scoprono punti di contatto che muteranno la concezione che hanno l’una dell’altra.
Intervallano queste due tematiche le vicende dei clienti del Lumachino, che Ringo “coccola” con menu personalizzati e unici. Per quanto breve, tutti hanno una loro storia da raccontare. Sono piccole note di colore che danno la possibilità, a noi come alla protagonista, di osservare persone che riescono a risolvere i loro dubbi, trovare quello che cercano e lasciare indietro i dolori passati – anche, forse soprattutto, grazie a una spintarella data grazie alla cucina di Ringo, che assume sfumature quasi magiche, indubbiamente catartiche.
Sono inserti carini e piacevoli, funzionali allo sviluppo emotivo della protagonista, ma purtroppo non posso dire che lascino molto di più.
Un discorso simile si può fare per lo stile della Ogawa: penso che sia soprattutto a causa di questo, infatti, se la sensazione a fine lettura rimane quella che ho cercato di spiegare all’inizio della recensione. Ito Ogawa scrive in modo semplice, con un tono spesso colloquiale, inserendo descrizioni delicate e gradevoli, ma non ha mai quel guizzo in più che potrebbe rendere speciale questo libro. Riesce, tuttavia, a incuriosire, a far sorridere e a far provare dispiacere; caratteristiche pregevoli, che rendono quindi questa lettura indubbiamente piacevole, pur non potendosi definire memorabile.
L’ultima cosa che mi preme dire riguarda il libro fisico in sé. Come sempre, la Neri Pozza offre un prodotto curato sotto ogni aspetto: in particolare, ho apprezzato molto la pagina con i consigli sulla pronuncia delle parole giapponesi presenti nel testo, il comodo glossario finale e le utili note a piè di pagina, che spiegano alcune tradizioni nipponiche citate nel corso del testo. Il lavoro di Gianluca Coci, traduttore e curatore di questi apparati, è stato decisamente ottimo.
Credo che questa sia la metafora migliore per descrivere Il ristorante dell’amore ritrovato, e giuro che mi sono resa conto solo in un secondo momento di quanto fosse doppiamente adatta, data la sua natura culinaria, che ben si sposa con l’importanza che il cibo ha nella vita di Ringo, la protagonista di questo romanzo.
La cucina è la sua passione sin dall’infanzia e il suo sogno è quello di aprire un ristorante: lo è prima del brutto abbandono da parte del fidanzato e lo è anche dopo. E’ questa sua aspirazione così forte che le permette di andare avanti e di non cadere nella più totale disperazione. Ringo non si è lasciata abbattere, né ha cominciato a compatirsi, ma si è rimboccata le maniche e ha immediatamente cominciato a pensare al da farsi. Certo, qualche volta cede ai ricordi e alle lacrime, ma cerca di non pensarci.
Non è la prima volta che incontro una reazione contenuta, molto interiorizzata, in un romanzo giapponese. Per quanto la mia conoscenza della cultura nipponica non sia approfondita, le mie letture mi portano a credere che sia un tratto tipico della loro sensibilità. Un modo pacato e sommesso, in un certo senso, di approcciarsi agli eventi terribili che possono capitare nel corso della vita.
L’unica testimonianza che rende il dolore di Ringo chiaro agli altri è l’afonia completa che la coglie, improvvisamente, dopo lo choc subìto. La scelta di zittire la propria protagonista è molto particolare, soprattutto quando quest’ultima è anche la voce narrante (anche se forse pensiero narrante sarebbe più corretto, in questo caso), dato che tutto il libro è scritto in prima persona singolare. E’ la prima volta che leggo un’espediente simile e devo dire che non mi è dispiaciuto: dato che Ringo è costretta a comunicare con gli altri solo lo stretto necessario, scrivendo ciò che vorrebbe dire su un taccuino che ha sempre con sé, si deve affidare per forza di cose alle sue azioni. Narrate da lei, queste finiscono per essere inframmezzate di ricordi e riflessioni, dando la possibilità al lettore di conoscerla meglio; oltretutto, offrono anche l’occasione di approfondire il suo amore per la cucina, dato che quasi tutto quello che fa è legato al Lumachino, il ristorante che aprirà una volta tornata nel paese natio.
Le descrizioni dedicate al cibo e agli ingredienti sono molte e molto sentite. Dato che anche a me piace molto scoprire l’origine degli ingredienti, e mi piace anche vedere altre persone che cucinano, ho trovato questi passaggi davvero interessanti e teneri, a modo loro; ma temo che un lettore poco interessato a questo tipo di particolari possa trovarli piuttosto noiosi.
L’ultima cosa che mi preme notare, riguardo alla narrazione, è che anche gli altri personaggi, com’è ovvio, subiscono l’effetto del punto di vista di Ringo – anche se non sempre questo va a loro vantaggio. L’esempio più calzante è la madre della protagonista, Ruriko; il rapporto tra le due è tutto, meno che idilliaco, e ovviamente questo si riflette sul modo in cui Ruriko ci viene mostrata.
La loro relazione è il secondo nodo fondamentale di questo romanzo: si scopre man mano perché Ringo la odi tanto, quali sono le verità legate alla sua nascita e la natura più nascosta di questa madre che a tratti pare indecifrabile, nascosta com’è dagli atteggiamenti che ha deciso di avere. Nel corso della loro convivenza forzata, si scoprono punti di contatto che muteranno la concezione che hanno l’una dell’altra.
Intervallano queste due tematiche le vicende dei clienti del Lumachino, che Ringo “coccola” con menu personalizzati e unici. Per quanto breve, tutti hanno una loro storia da raccontare. Sono piccole note di colore che danno la possibilità, a noi come alla protagonista, di osservare persone che riescono a risolvere i loro dubbi, trovare quello che cercano e lasciare indietro i dolori passati – anche, forse soprattutto, grazie a una spintarella data grazie alla cucina di Ringo, che assume sfumature quasi magiche, indubbiamente catartiche.
Sono inserti carini e piacevoli, funzionali allo sviluppo emotivo della protagonista, ma purtroppo non posso dire che lascino molto di più.
Un discorso simile si può fare per lo stile della Ogawa: penso che sia soprattutto a causa di questo, infatti, se la sensazione a fine lettura rimane quella che ho cercato di spiegare all’inizio della recensione. Ito Ogawa scrive in modo semplice, con un tono spesso colloquiale, inserendo descrizioni delicate e gradevoli, ma non ha mai quel guizzo in più che potrebbe rendere speciale questo libro. Riesce, tuttavia, a incuriosire, a far sorridere e a far provare dispiacere; caratteristiche pregevoli, che rendono quindi questa lettura indubbiamente piacevole, pur non potendosi definire memorabile.
L’ultima cosa che mi preme dire riguarda il libro fisico in sé. Come sempre, la Neri Pozza offre un prodotto curato sotto ogni aspetto: in particolare, ho apprezzato molto la pagina con i consigli sulla pronuncia delle parole giapponesi presenti nel testo, il comodo glossario finale e le utili note a piè di pagina, che spiegano alcune tradizioni nipponiche citate nel corso del testo. Il lavoro di Gianluca Coci, traduttore e curatore di questi apparati, è stato decisamente ottimo.
I can't give this an honest review because I was enjoying it so much up until the part where they killed Hermes and the bubble popped.
No need.
Poor pig.
No need.
Poor pig.
reflective
relaxing
medium-paced
Plot or Character Driven:
Character
Strong character development:
Yes
Loveable characters:
Yes
Diverse cast of characters:
No
Flaws of characters a main focus:
Yes
Un livre réconfortant qui vous ouvrira forcément l'appétit avec les descriptions très poétiques des plats préparés par Rinco. J'ai adoré me plonger dans l'ambiance douce de la campagne japonaise, où la nature a une place centrale. L'écriture de l'auteure est douce et apaisante, ce qui permet d'autant plus de nous évader.
emotional
hopeful
sad
Plot or Character Driven:
A mix
Strong character development:
Yes
Loveable characters:
Yes
Diverse cast of characters:
No
Flaws of characters a main focus:
Yes
emotional
hopeful
relaxing
slow-paced
emotional
lighthearted
reflective
slow-paced
Plot or Character Driven:
A mix
Strong character development:
Yes
I will never recommend it enough. Ogawa Ito is such a good author. This is one of my all-time favourite books.
The story is just beautiful, the characters are very well constructed. Everything, from the beginning to the very end, is just perfect. I can't express how much I love this book.
The story is just beautiful, the characters are very well constructed. Everything, from the beginning to the very end, is just perfect. I can't express how much I love this book.
Pas de coup de coeur mais une tres très jolie lecture. J'admire cette qualité des japonais d'écrire des romans si pleins de magie et de lumière. Ça m'a donnée faim !
I think I needed this story right now.
That said, I absolutely cried my eyes out at Grandpa Owl, the letter, even the pigeon. That was beautiful.
All things considered I have to think about what I want to rate it for a while. Leaning towards 4 stars, but...
Spoiler
I absolutely loved it, up until the butchering of Hermes. I think I understood why Ruriko wanted this to happen to Hermes, but at the same time I got a bit pissed off. Hermes was her beloved pet, so I guess I actually really don't understand. Anyway, besides that, what bothered me most was the way the butchering was described, or rather that it was described at all. I think I understand what Ogawa was trying to do, but I don't like it at all. It also made the next part, the preparations for the wedding, completely unpleasant.That said, I absolutely cried my eyes out at Grandpa Owl, the letter, even the pigeon. That was beautiful.
All things considered I have to think about what I want to rate it for a while. Leaning towards 4 stars, but...
emotional
funny
hopeful
lighthearted
slow-paced
Plot or Character Driven:
Character
Strong character development:
Yes
Loveable characters:
Yes
Flaws of characters a main focus:
Yes