julygiu's review against another edition

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adventurous mysterious medium-paced
  • Plot- or character-driven? Plot
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? It's complicated
  • Flaws of characters a main focus? It's complicated

4.0


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lasiepedimore's review against another edition

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3.0

Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more

Affinché possiate godervi a pieno questo romanzo, credo siano necessarie due premesse: la prima riguarda il fatto che per centinaia di pagine non troverete il John Silver che avete conosciuto ne L’isola del tesoro, visto che Larsson gli fa raccontare la sua vita a partire dalla giovinezza, quando non era ancora il pirata ambiguo e scafato che abbiamo imparato ad apprezzare.

La seconda premessa riguarda il fatto che abbiamo a che fare con un vecchio John Silver che racconta la sua vita perdendosi di tanto in tanto in derive filosofeggianti: fa molto anziano che ripensa al suo passato, ma poco romanzo suo pirati, quindi ritenetevi avvertit*…

La vera storia del pirata Long John Silver è un libro altalenante: a momenti ci si gusta un romanzo sui pirati e ci si butta a capofitto nell’azione e nell’avventura e a momenti si fissa lo sguardo sull’orizzonte monotono del mare in bonaccia, in attesa che il vento gonfi di nuovo le vele…

Non posso dire di essermi mai davvero annoiata durante la lettura (anche mentre la nave è pressoché ferma, a bordo succedono cose che possono distrarre dall’immobilità), però non è nemmeno un romanzo che ti si fissa nella memoria o che ti colpisce con particolare forza. Lo consiglio a chi ha voglia di andare per mare con i pirati, con la raccomandazione di non aspettarsi sempre il vento in poppa.

ale_zambe's review against another edition

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adventurous reflective tense medium-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? Yes

3.75

giovanni84's review against another edition

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Abbandono la lettura di questo romanzo, arrivato al 31%.
Non è mia consuetudine scrivere commenti sui romanzi che non finisco; è possibile che il restante 70% sia una pura meraviglia, e non escludo un altro tentativo in futuro.
Ma mi sono rotto le scatole di QUESTO Long John Silver.
Come si sa, LJS è il memorabile pirata de “L’isola del tesoro”; Larsson decide di affrontare l’arduo compito di raccontarcene la vita. E decide che a raccontarla, in prima persona, è proprio Long John Silver. Una scelta narrativa decisamente azzardata e rischiosa, perché uno dei principali elementi di fascino di Silver, nel romanzo di Stevenson, era il suo essere un bugiardo, uno che cerca sempre di ammaliare e trascinare dalla propria parte l’interlocutore.
Poteva però essere un’idea interessante, un Silver narratore che cerca di farsi amico il lettore, di apparire una certa immagine di sé, ma con l’abile autore in grado di far emergere, dalle pieghe del racconto, la vera natura diabolica del personaggio. Difficile da scrivere una roba del genere, ma insomma i scrittori sono pagati per questo.
Larsson invece sceglie la via facile, e ci propina un Silver disposto a raccontare sinceramente la propria vita ed emozioni, senza nessun timore di apparire antipatico, anzi quasi provocando il lettore.
Una scelta che mi lascia perplesso, ma che è solo un primo aspetto di quello che è il vero problema del romanzo.
Quest’opera è una fan-fiction. Io ne ho lette, in passato, di ff, su internet… ne ho anche scritte (piuttosto deliranti). Uno dei tratti comuni delle ff, è questo: se l’autore ama particolarmente il personaggio, esplicita più volte la propria idea dello stesso, a volte con pipponi.
E’ quello che fa Larsson (senza pipponi, fortunatamente, almeno per questo primo 31%): la filosofia di Silver viene esplicitata più e più volte. Ma non viene MOSTRATA.
Non sono un fanatico della regola dello “show don’t tell”, ma nemmeno puoi esagerare nello “tell” senza “show”. Stevenson era un maestro in questo.
Qui abbiamo uno Silver che ribadisce, numerose volte, di essere uno che pensa a sé stesso, che vive solo per sé stesso. Lo dice una, due, tre, quattro, cinque volte; e ancora, ancora, ancora, ancora. Praticamente non c’è capitolo in cui non lo afferma. Magari nel prosieguo del romanzo arriva ad una morale diversa, ma non ha importanza: è il modo ossessivo in cui la esprime, ad essere noioso.
E ancora: si vanta, in più occasioni, della sua abilità nell’intortare gli altri con le parole. Peccato che in diverse occasioni, si cacci nei guai proprio URTANDO gli altri con le parole, e senza nemmeno reali motivi! In pratica, qui abbiamo un Long John Silver che è l’esatto opposto di quello del romanzo di Stevenson; un Silver che si fa dei nemici (inutilmente, ed in un caso in maniera clamorosamente stupida), per la sua assurda incapacità di nascondere i propri sentimenti. Se ne “L’isola del tesoro” era un maestro nel mostrarsi agli altri come più gli conviene, qui sembra a tratti privo della più elementare capacità di adattamento sociale.
In questo 31% succedono molte cose, e sono sicuro che mi stia perdendo avvenimenti esaltanti. Ma questo Long John Silver è un pessimo narratore, ed un personaggio fondamentalmente noioso; ed è questo il vero, grande, problema di questo romanzo.

martinacru's review against another edition

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adventurous dark

4.0

pao986's review against another edition

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4.0

Long John Silver è un nome che fa parte dell'immaginario collettivo, che fa da 'modello' al nostro immaginario quando si pensa ad un pirata. Il Long John Silver che qui si racconta, in un diario che è in parte una lunga lettera a Defoe e in parte una lunga lettera a Jim Hawkins, è e allo stesso tempo non è lo stesso personaggio nato dalla penna di Stevenson e su cui, ancora oggi, si basa molto del nostro immaginario sui pirati: lo è in quanto quella storia è la sua storia, non lo è perché lui non vuole cedere all'essere raccontato solo dal punto di vista di Jim, vuole dirci di più, vuole farci sapere che è vissuto coerente con se stesso e che ha vissuto una vita che lui ha ritenuto degna di essere vissuta e che vuole ancora sentire raccontata, perché alla fine se scompare il ricordo e se scompare anche la storia, allora che senso ha avuto tutto?
C'è una costante commistione tra realtà e finzione in tutto il racconto, che comunque cerca di tenere una forte verosimiglianza dal punto di vista storico, per cui ritroviamo Silver in una taverna a Bristol ad 'aiutare' Defoe nello scrivere la storia generale dei pirati; anche dai dialoghi con Defoe questo amore e dell'importanza delle storie traspaiono, e il Defoe personaggio letterario (che ovviamente condivide la tutt'altro che noiosa biografia del Defoe scrittore) è un personaggio da cui è difficile non restare impressionati.
Da questo perfetto incastro tra realtà e finzione, da questo gioco di specchi tra biografie vere e fittizie, traspare (oltre al summenzionato amore per le storie) un grandissimo elogio alla libertà, un amore profondo, ma rispettoso, per il mare e un incredibile rispetto anche per uomini - chiaramente non perfetti - come i 'gentiluomini di ventura' che, condannati a morte come 'nemici dell'umanità', non si rivelano poi più inumani dei loro carnefici; e ovviamente grande riconoscenza a Defoe (dopo questa lettura è difficile non voler leggere una delle sue opere!), a Stevenson e a tutti gli altri autori (raccontatori di menzogne o di verità) che Larsson ringrazia alla fine del romanzo.


brynhammond's review

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3.0

Not half bad. A yarn, first person, a bit down and dirty.
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