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emotional
reflective
sad
medium-paced
Plot or Character Driven:
A mix
Strong character development:
Complicated
Loveable characters:
Complicated
Diverse cast of characters:
No
Flaws of characters a main focus:
Complicated
reflective
medium-paced
Plot or Character Driven:
A mix
Strong character development:
Complicated
Loveable characters:
No
Diverse cast of characters:
No
Flaws of characters a main focus:
Yes
dark
emotional
reflective
slow-paced
Flaws of characters a main focus:
Yes
Graphic: Grief, Abandonment
Moderate: Death
Minor: Adult/minor relationship, Cancer, Infertility, Abortion
Italian novels are quickly becoming my favorite. This one is beautifully written (and translated). It tells of Ida's reckoning (as an adult) with her father's disappearance 23 years previously and her relationship with her mother. Ida and her mother suffered this great loss at the same time, but didn't seem to share the experience. It is during a visit to her childhood home to help her mother sort through possessions that Ida looks back at the loss, her relationship with her mother, and also reflects on a childhood friendship, losing her virginity, and her marriage. Wonderful.
emotional
mysterious
reflective
sad
tense
slow-paced
"Capii in quel momento cos'è davvero una madre: qualcosa da cui non esiste riparo".
... "Così era avvenuto che amasse solo me e soltanto me, e che quell'amore, anziché accudire, ferisse"
... "Così era avvenuto che amasse solo me e soltanto me, e che quell'amore, anziché accudire, ferisse"
Se do una stella è per il fastidio viscerale che mi ha suscitato il finale. Obiettivamente saranno due stelle: se ti piacciono i ritorni nel profondo sud e i confronti con i fantasmi del passato e non ti disturbano i simbolismi sbattuti in faccia e i dialoghi legnosi potrebbe fare al caso tuo.
Recensione completa qui: https://eustachio.wordpress.com/2019/06/17/addio-fantasmi-catarsi-a-tavolino/
E ora lasciami togliere qualche sassolino dalla scarpa ampliando dei punti a cui nella recensione ho solo alluso per non fare spoiler.
4) Il finale in sé che riecheggia involontariamente il finale di Titanic con il lancio lì del gioiello e qui della scatola in mare.
Recensione completa qui: https://eustachio.wordpress.com/2019/06/17/addio-fantasmi-catarsi-a-tavolino/
E ora lasciami togliere qualche sassolino dalla scarpa ampliando dei punti a cui nella recensione ho solo alluso per non fare spoiler.
Spoiler
1) Un altro esempio di dialogo allucinante, stavolta dal confronto tra Ida e la sua amica di infanzia. Se riesci a recitarlo sembrando una persona che si sfoga e non un libro stampato (specialmente "sei sensibile come un sismografo"), mandami una registrazione della tua performance e riceverai i miei più vivi complimenti.– Forse sapevi anche più di me come mi sentivo prima di abortire, come mi sarei sentita dopo. È vero, ti è successa una cosa orribile prima che ci conoscessimo, eri una bambina, tuo padre non avrebbe dovuto sparire in quel modo, vuoi che te lo dica? È stato un codardo, un vigliacco, non si piantano una moglie e una figlia senza spiegazioni e con quel peso. Per anni mi sono detta che non si può giudicare senza tenere conto della fragilità degli altri, anche la sua, e che in fondo ti aveva lasciato questo: la tua acutezza, sei sensibile come un sismografo. Ma anche la tua cecità. Siamo tutti fragili, Ida, tu più di tutti. Hai permesso al tuo dolore di divorarti e la tua ferita è diventata più grande di te. Vivi come una schiava, sei la schiava di quello che ti è successo ed eri così anche a quattordici anni, e facevi schiava me. La sofferenza ti rendeva affascinante, ma tu non te ne accorgevi, non vedevi niente, non mi hai mai vista davvero. Però c’ero, ti stavo sempre accanto e non ti chiedevo nulla, non parlavamo mai di tuo padre. Non sapevo neppure il suo nome, non osavo chiedertelo.2) Corollario alla fusione tra il padre e l'acqua:
Questa volta mi dava la schiena ed entrava in acqua verso il mare più profondo, verso la costa calabrese che lo seduceva come un canto. Tornava nel suo elemento; i piedi, le ginocchia, i fianchi si immergevano, e poi lui tutto intero, nel suo giubbotto fuori moda, camminando verso la penisola affondò, giù, sempre più giù, finché del suo corpo, delle sue spalle, della sua nuca non rimase nulla e l’acqua si richiuse sopra l’ultima ciocca dei suoi capelli. Al suo posto si formò una lunga chiazza e il mulinello rallentò, sostituito da un gruppo di bollicine che si diradarono fino a svanire.3) La rabbia del finale è la morte di un personaggio secondario utilizzata per la catarsi della protagonista. Non ci sarebbe nulla di sbagliato se non fosse Ida stessa a riconoscere le implicazioni narrative di una svolta simile:
Il mare era di nuovo liscio.
Siamo vicine, finalmente a un funerale.Ma qui a parlare è Terranova-autrice, altrimenti ci sarebbe da chiedersi che razza di psicopatica sia Ida nel vedere subito con lucidità come il suicidio di Nikos le abbia dato la chiusura che le mancava.
Io e mia madre possiamo ora dire addio a qualcuno, e per mezzo di un ragazzo salutiamo anche quell’altro che un tempo è stato ragazzo; ma di mio padre non c’è traccia in chiesa né fuori, né nelle campane né nel suono dell’organo, è assente fra le navate, fra i compagni di scuola di Nikos, fra la gente della sua famiglia, i siciliani che abitano qui e i greci venuti apposta dall’altra parte del mare, richiamati dalla catastrofe. Mio padre si è messo da parte: non è lui che piangiamo oggi, semmai piangiamo il non averlo pianto e rubiamo un pezzo di dolore estraneo, goffe nei nostri vestiti scuri.
4) Il finale in sé che riecheggia involontariamente il finale di Titanic con il lancio lì del gioiello e qui della scatola in mare.
Guardo chi fuma, chi mangia gli arancini, chi bada ai propri figli e chi sta pensando al viaggio, che sia un ritorno o un’andata. Forse, in questa traversata che ho fatto mille volte, per sapere se torno o se parto devo chiedermi se sto viaggiando di spalle o con lo sguardo alla mia casa: ce n’è una soltanto per ogni vita, come nella saggezza dei suoi vent’anni mi ha fatto notare Nikos. Molte sono quelle che possiamo abitare, una quella che si accende quando sentiamo quella parola, casa. Casa, ripeto fra me, e mi giro verso il continente e Roma che mi aspetta; casa, mi ripeto, ora con lo sguardo all’isola e a Messina che mi dice addio. La mia casa non è nessuna delle due, sta in mezzo a due mari e a due terre. La mia casa è qui, adesso.Con l'elegante tocco finale dell'orologio che riprende a funzionare. Ida ride e ride. Alla fine rido anch'io.
Con decisione e con le dita veloci cerco la cerniera della valigia, la apro, tiro fuori la scatola di ferro rosso. Con entrambe le mani, come fosse il bicchiere che mi è stato offerto davanti al castello diroccato del Puparo, la stringo per l’ultimo saluto e la lancio nell’acqua che la accoglie.
La voce e l’odore di mio padre, che ho chiuso e serbato per ventitre anni, da questo momento avranno una tomba sul fondo dello Stretto. Saranno ingoiati dai pesci o da Cariddi risalito per l’occasione in superficie, oppure resteranno impigliati nelle squame delle sirene di Omero: io sarò comunque lontana, e il mio teatro resterà vuoto.
È così che mio padre esce di scena.
Allora rido, rivolta a entrambe le coste come una dea bifronte, fra l’isola e la terraferma, in piedi sulla nave in mezzo alla gente che non mi vede, perché è china su un telefono o distratta, con lo sguardo nebbioso verso pensieri che non mi riguardano.
Rido, e rido. Rido e finisce un’epoca nel rumore di un tuffo, nel mare che si apre e ingoia senza restituire. Rido e ancora rido, davanti a una tomba che so solo io; e il piccolo orologio al mio polso segna, finalmente, le sei e diciassette.
– Ho preso carne trita per cena, – disse mia madre. – L’ho fatta in bianco, mi ricordo che ti piace cosí, a bagnomaria.
medium-paced