Reviews

Jag heter inte Miriam by Majgull Axelsson

annainthebooks's review against another edition

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sad medium-paced
  • Plot- or character-driven? Plot
  • Strong character development? No
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? No

2.0

blackangel's review against another edition

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dark emotional reflective sad fast-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? Yes

5.0

cealceo's review against another edition

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4.0

Un romanzo che ho apprezzato molto anche su alcuni punti avrei preferito qualcosa di più (soprattutto per Wyatt to riguarda il post Ravensbrück e la vita in Svezia di Miriam/Malika dal punto di vista psicologico. Avrei preferito un approfondimento ulteriore del personaggio.

Per quanto riguarda il romanzo in sé la struttura del racconto Dove passato e presente si alternavano l'ho molto gradita perché permette al lettore di avere delle boccate di ossigeno. Inoltre ho apprezzato il fatto che sia compito del lettore aggiungere di suo interesse pezzi mancanti.

Non è il primo romanzo a tema Shoah che leggo: nella mia carriera di lettrice ho accumulato molti libri che narrano dei campi e molte testimonianze di chi è sopravvissuto. La maggior parte di questi scritti erano di ebrei sia italiani che non, ma principalmente ebrei e tutte storie vere. Questo è il primo scritto che tratta una storia con una protagonista che non è esistita veramente e che non sia ebrea. Difatti Miriam/Malika è di etnia rom. Cosa mi ha lasciato questo libro? Molte cose al di là del racconto dei campi: mi ha fatto cambiare idea su un vecchio mio preconcetto che consisteva di lasciar raccontare dei campi solo a chi fosse sopravvissuto e un punto di vista diverso e ulteriore sull'etnia rom.
Questo romanzo mi ha spinto ad approfondire la cultura rom e a volerne sapere di più.
Questo romanzo mi ha convinta sul fatto che si possono scrivere romanzi sulla Shoah e i campi di concentramento senza esserne stati testimoni. (per questo punto rimando alla postfazione a fine volume)

marskleinb's review against another edition

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dark reflective sad tense

4.25

oliviaakrogstad's review

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medium-paced

3.0

chrisu12's review

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5.0

Tror jag ger boken ca 4.5 stjärnor.

Vi följer Miriam, en gammal judisk kvinna i Sverige, som på sin födelsedag säger att hon inte heter Miriam. Under bokens lopp får vi höra hur hon växte upp i tyskland som en vanlig romsk flicka, hur hon hamnade i koncentrationsläger, av en slump fick chansen att byta identitiet och bli Miriam, en judisk flicka. Miriam överlever lägrens fasor och får en fristad i Sverige. Hela sitt liv lever hon ut och blir lycklig på många sätt, men det finns en disonans i hennes liv. Hon heter faktiskt inte Miriam och mycket av hennes liv är en lögn.

Boken ger ett nytt perspektiv på förintelsen, men också ett romskt perspektiv på världen och hur även Sverige behandlade människor med romsk bakgrund illa. Vi följer Miriam i flera olika tidsperdioder, både då hon som gammal berättar om sitt liv, hur hon som ung kom in i det svenska samhället samt om tiden i lägren. Boken är välskriven, intressant och väldigt tankeväckande. Ett par delar kändes långa för mig eftersom jag inte helt hade sympati för all den disonans Miriam uppelevde. Men jag uppskattade boken och rekommenderar den verkligen

dlecce's review against another edition

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4.0

Bello, coinvolgente e che fa riflettere.

danielau's review

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4.0

Vacker och gripande, tung. Kunde inte lägga den ifrån mig. Det enda minuset var att den var lite för lång och utdragen.

supereva's review against another edition

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4.0

L’idea è molto buona e opportuna: ricordare che nell’olocausto c’è anche la tragedia degli zingari rom. La scrittrice vuole anche sottintendere (non troppo sottintendere per la verità) che addirittura gli zingari fossero la serie B dei deportati. Addirittura.
Molto bene.
Il tema mi piace e quindi mi appassiona. Il testo non è scritto troppo male ma...
difetto : secondo me è gestito un po’ goffamente lo stream of consciousness. Sembra davvero forzato in certi punti, ostentato direi.
Inoltre il fatto di non esaminare troppo dettagliatamente il rapporto con il marito Olaf secondo me non va bene perché non fa capire dove l’autrice alla fine volesse arrivare.
Racconta di come quest’uomo sia uscito grazie a lei da un trauma familiare ma poi sottintende una certa inesistenza di dialogo fra i due. Non si capisce gestita come. Di rimbalzo allora si evidenzia come anche la figura della cognata non sia chiara: dovrebbe essere un’altra salvatrice ma il tono descrittivo è critico e distaccato.
Miriam alla fine sembra avere la propria epifania perché il libro ci prospetta una completa apertura e confessione al figlio ma non mi è stato tanto chiaro grazie a cosa ciò sia avvenuto (sì, il braccialetto, ma non regge molto secondo me).
In definitiva ho avuto la sensazione che il libro sia stato scritto in maniera ‘furba’: ha toccato temi giusti, tecnica narrativa giusta, c’è dentro un bel po’ di roba che dovrebbe piacere, ma non è un testo “vero”.

pino_sabatelli's review against another edition

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3.0

Quando si scrive un libro, soprattutto quando si aspiri a scriverne uno “bello”, non penso sia sufficiente avere un’idea originale o scegliere un tema “importante”. Quell’idea e quel tema, infatti, devono poi essere adeguatamente sviluppati tramite una scrittura di buona qualità e, soprattutto, prestando grande attenzione all’equilibrio strutturale. Questo romanzo, se pure riesce a rispettare il primo requisito (idea/tema), mi sembra inizi ad arrancare già sul secondo (qualità della scrittura), per poi franare miseramente sul terzo (equilibrio strutturale).
La recensione completa su http://www.ifioridelpeggio.com/io-non-mi-chiamo-miriam-di-majgull-axelsson/