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cyding's review against another edition
challenging
dark
reflective
medium-paced
- Loveable characters? It's complicated
5.0
breadorcheese's review against another edition
3.0
Initially a four star rating when I read the first half years ago. Perhaps due to being more learned, well read, or change of attitude (or a mixture of all three) the book doesn't hold up anymore now that I've finished it. Some of it was still enjoyable, but I found myself only being able to handle his kind of writing for so long before I had a hard time continuing.
bookiesanta's review against another edition
2.0
It's not that I didn't know that this was going to be difficult to read at times. I was warned several times, and I have swam these waters before. The Pale King was a very good book, but also off-putting and aggressively numbing. After finishing that book, and thinking on it for a bit, I really liked what he was saying, but there were times, while I was reading it, that I asked "is it worth this?". That's part of Wallace's endgame, really. Yes, he wrote for himself and his standards first, but...it's hard to read some of these stories, that go on and on, and just revel in difficulty, and not think that Wallace is doing this on purpose, that he is standing on high, an ancient ruler commanding his subjects to prove fealty by torturing themselves, a little bit, and then the proof of loyalty will be known. There are so many moments in Hideous Men that any truth gained was overshadowed and lost to the constant obstacles to be overcome. Eventually, the obstacles become the reality, and nobody remembers that they are looking for the truths. Eventually, if you are continually writing to show the dark, terrible, unlikeable sides of humans, if you are writing in a manner that upsets people so they lose empathy and sympathy for your creations, at some point, somebody is just going to assume you are dark, terrible, and unlikeable, and discard empathy and sympathy, and the message gets lost. I said, in a status update, that there comes a point in every DFW book where I ask why I am reading this. That's not a joke, that happens every time, but I eventually find the reasons I'm looking for, and we all move on. All I found in this book was Wallace, languidly flipping me the bird while he smokes his cigarette, not even bothering to deem me worthy of full extension of the middle finger.
clemway's review against another edition
challenging
dark
tense
slow-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? No
- Loveable characters? No
- Diverse cast of characters? It's complicated
- Flaws of characters a main focus? Yes
3.0
dianametzger's review against another edition
2.0
He was an incredibly smart, stylistic writer. Sometimes, especially in this collection, style outweighs substance repeatedly. It's a hard read, with no real satisfaction in the effort.
pgck's review against another edition
2.0
1) intellectually entertaining at times, but nowhere enjoyable
2) tries too hard to be funny/clever
3) Adult World (II) [the story-as-story-outline] is liable to come across as lazy
2) tries too hard to be funny/clever
3) Adult World (II) [the story-as-story-outline] is liable to come across as lazy
tullius's review against another edition
4.0
A primeira vez que entro em contato com DFW (na verdade segunda visto que a primeira foi no icônico THIS IS WATER) e fica evidente porque ele talvez tenha sido o último grande filósofo ocidental que tivemos. por mais que o que se apresenta aqui sejam contos, todos eles são pensados a partir de um homem que olhou o mundo ao seu redor, o estudou, dissecou, nele participou e, em última instância, o rejeitou da forma mais abrupta possível: tirando a própria vida.
e é o retrato desse dissecamento que toma forma aqui. todos os homens e mulheres hediondos aqui estão sendo honestos. não há uma preocupação com moral, com regras, com certo e errado. há apenas a vida e a experiência de viver. e isso é grotesco. despido de qualquer esperança, de qualquer trato social, de qualquer pequeno músculo que se contrai no fundo das nossas mentes para que nos tornemos membros ativos e ?funcionais? da sociedade, o humano que sobra conhece apenas a si mesmo e o que lhe alcança.
o resultado daí são contos que não se importam em ser desconfortáveis, cruéis, viscerais, agressivos, apáticos e, por causa disso tudo, humanos. um deles em específico aponta justamente para a consciência que se adquire sobre a vida e sobre você mesmo uma vez que algo horrível lhe ocorre, como se a total perda da dignidade e do valor enquanto humano fosse a única forma de alcançar uma real compreensão do que quer que venha ser um humano, e como ele se diferencia de uma coisa. a existência pode, e muitas das vezes é, ser desoladora.
enfim, um baita livro, escrita maravilhosamente fodida e contos que colocam o dedo na ferida e apertam e espremem e jogam pimenta com sal e apertam novamente. mal posso esperar pra começar GRAÇA INFINITA.
e é o retrato desse dissecamento que toma forma aqui. todos os homens e mulheres hediondos aqui estão sendo honestos. não há uma preocupação com moral, com regras, com certo e errado. há apenas a vida e a experiência de viver. e isso é grotesco. despido de qualquer esperança, de qualquer trato social, de qualquer pequeno músculo que se contrai no fundo das nossas mentes para que nos tornemos membros ativos e ?funcionais? da sociedade, o humano que sobra conhece apenas a si mesmo e o que lhe alcança.
o resultado daí são contos que não se importam em ser desconfortáveis, cruéis, viscerais, agressivos, apáticos e, por causa disso tudo, humanos. um deles em específico aponta justamente para a consciência que se adquire sobre a vida e sobre você mesmo uma vez que algo horrível lhe ocorre, como se a total perda da dignidade e do valor enquanto humano fosse a única forma de alcançar uma real compreensão do que quer que venha ser um humano, e como ele se diferencia de uma coisa. a existência pode, e muitas das vezes é, ser desoladora.
enfim, um baita livro, escrita maravilhosamente fodida e contos que colocam o dedo na ferida e apertam e espremem e jogam pimenta com sal e apertam novamente. mal posso esperar pra começar GRAÇA INFINITA.
ludovicaciasullo's review against another edition
3.0
Questo è il primo libro di DFW che leggo, e devo ammettere di aver approcciato la lettura con un po' di scetticismo: chiunque sia così osannato e idolatrato è necessariamente, a mio avviso, sopravvalutato.
Purtroppo per i miei pregiudizi questo libro è scritto divinamente: la maestria dell'autore nel maneggiare i periodi e le divagazioni, una proprietà lessicale senza pari, tutto dà l'impressione di avere a che fare con qualcuno che la lingua la domina. È innegabile che si è di fronte a un'opera in cui la forma è impeccabile. Il fatto che l'autore sia completamente in controllo della complessità che inserisce nella sua scrittura lo percepivo mentre, leggendo un paragrafo lunghissimo e articolato, quasi "vedevo" il pensiero giungere a compimento.
La seconda cosa che si percepisce subito è che difficile leggere questo libro. Dopo una ventina di pagine ho dovuto abbandonare la versione in lingua originale per passare a quella in italiano, e anche una volta ricominciato il libro nella mia lingua avevo comunque difficoltà a seguire certi paragrafi. Sapevo che DFW è noto per la sua scrittura a incastri, per i periodi nei periodi, per le note interminabili, ma trovarsi di fronte una narrazione così tortuosa è comunque uno shock, per quanto previsto. Oltre alla complessità strutturale, c'è poi una ambiguità di fondo che rende la lettura tutt'altro che immediata.
La scrittura è bella esteticamente e complessa dal punto di vista strutturale, ma questa raccolta di racconti non è solo forma. Discutendone in un book club, qualcuno ha detto che Brevi Interviste è un studio etnografico, e forse la definizione è calzante. Mi è sfilata davanti un'umanità bizzarra, che ho guardato con un disgusto di fondo e qualche sprazzo di empatia. Come in uno studio, poi, è difficile affezionarsi ai personaggi, non perché non siano adeguatamente caratterizzati, ma perché è come se stessero dietro un vetro, come se l'autore ce li mettesse davanti per farceli guardare più che per lasciarceli dentro.
Non so se riesco a rendere l'idea di questo distacco che ho percepito leggendo, la sensazione di avere a che fare con un esercizio, di stile e di riflessione, magistralmente eseguito, ma pur sempre un esercizio. Non c'è, a mio avviso, in questi racconti, una partecipazione emotiva in quello che viene raccontato, e quindi anche l'esperienza di lettura mi è sembrata, in un certo modo, fredda.
Ho trovato comunque i vari racconti molto diversi fra loro, non soltanto per stile e temi, ma anche per qualità. "La persona depressa", per esempio, mi continua a ronzare in testa per la precisione chirurgica con cui racconta la manipolazione. "Non significa niente" mi ha lasciato dentro un profondo senso di malessere per la mancanza di comunicazione che rappresenta. Infine "Sul letto di morte, stringendoti la mano..." mi ha commossa, perché trovo che dia voce a degli aspetti della genitorialità che sono considerati quasi indicibili, per via della sacralità con cui guardiamo al ruolo di genitori. Questi tre esempi sono i casi in cui non ho sentito la freddezza di cui parlavo sopra, in cui i racconti mi hanno travolta e in cui la complessità formale non mi è parsa un filtro fra me e la storia, ma qualcosa di asservito alla storia. Non posso però dire lo stesso della raccolta nel suo complesso.
Purtroppo per i miei pregiudizi questo libro è scritto divinamente: la maestria dell'autore nel maneggiare i periodi e le divagazioni, una proprietà lessicale senza pari, tutto dà l'impressione di avere a che fare con qualcuno che la lingua la domina. È innegabile che si è di fronte a un'opera in cui la forma è impeccabile. Il fatto che l'autore sia completamente in controllo della complessità che inserisce nella sua scrittura lo percepivo mentre, leggendo un paragrafo lunghissimo e articolato, quasi "vedevo" il pensiero giungere a compimento.
La seconda cosa che si percepisce subito è che difficile leggere questo libro. Dopo una ventina di pagine ho dovuto abbandonare la versione in lingua originale per passare a quella in italiano, e anche una volta ricominciato il libro nella mia lingua avevo comunque difficoltà a seguire certi paragrafi. Sapevo che DFW è noto per la sua scrittura a incastri, per i periodi nei periodi, per le note interminabili, ma trovarsi di fronte una narrazione così tortuosa è comunque uno shock, per quanto previsto. Oltre alla complessità strutturale, c'è poi una ambiguità di fondo che rende la lettura tutt'altro che immediata.
La scrittura è bella esteticamente e complessa dal punto di vista strutturale, ma questa raccolta di racconti non è solo forma. Discutendone in un book club, qualcuno ha detto che Brevi Interviste è un studio etnografico, e forse la definizione è calzante. Mi è sfilata davanti un'umanità bizzarra, che ho guardato con un disgusto di fondo e qualche sprazzo di empatia. Come in uno studio, poi, è difficile affezionarsi ai personaggi, non perché non siano adeguatamente caratterizzati, ma perché è come se stessero dietro un vetro, come se l'autore ce li mettesse davanti per farceli guardare più che per lasciarceli dentro.
Non so se riesco a rendere l'idea di questo distacco che ho percepito leggendo, la sensazione di avere a che fare con un esercizio, di stile e di riflessione, magistralmente eseguito, ma pur sempre un esercizio. Non c'è, a mio avviso, in questi racconti, una partecipazione emotiva in quello che viene raccontato, e quindi anche l'esperienza di lettura mi è sembrata, in un certo modo, fredda.
Ho trovato comunque i vari racconti molto diversi fra loro, non soltanto per stile e temi, ma anche per qualità. "La persona depressa", per esempio, mi continua a ronzare in testa per la precisione chirurgica con cui racconta la manipolazione. "Non significa niente" mi ha lasciato dentro un profondo senso di malessere per la mancanza di comunicazione che rappresenta. Infine "Sul letto di morte, stringendoti la mano..." mi ha commossa, perché trovo che dia voce a degli aspetti della genitorialità che sono considerati quasi indicibili, per via della sacralità con cui guardiamo al ruolo di genitori. Questi tre esempi sono i casi in cui non ho sentito la freddezza di cui parlavo sopra, in cui i racconti mi hanno travolta e in cui la complessità formale non mi è parsa un filtro fra me e la storia, ma qualcosa di asservito alla storia. Non posso però dire lo stesso della raccolta nel suo complesso.