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stephthepanda's reviews
100 reviews
Il mio matrimonio felice, vol. 4 by Akumi Agitogi
4.0
Leggere questo manga dopo aver guardato il rispettivo anime è interessante, ma dall'altra parte doloroso.
Rivedere le sofferenze di Miyo, in maniera anche più "approfondita" sotto certi punti di vista, non è semplice, come non è semplice osservare il disperato bisogno dei protagonisti di aiutarsi, ma allo stesso tempo di non riuscirci.
Miyo non fa in tempo a imparare a riprendersi i suoi spazi, che per un motivo o per un altro, qualcosa la fa cadere nelle vecchie abitudini, la fa cedere a quello che il trauma l'ha abituata ad essere.
Durante la lettura, ti ritrovi quasi a sperare che improvvisamente diventi esattamente l'opposto, che inizi la sua "villain story", perché avrebbe senso, perché con tutta la sofferenza che ha subito e che si porta dentro, non riesci a pensare che possa essere sbagliato che Miyo diventi tutto il contrario di quello che è.
Dall'altro canto, invece, ti ritrovi ancora di più ad ammirare il suo personaggio, l'inizio del suo percorso di crescita, ma soprattutto la sua anima pura.
I contorni fantasy di questa storia, poi, sono a mio modesto parere la ciliegina sulla torta, perché è il filo rosso che permette ai nostri protagonisti di legarsi.
I disegni poi? STUPENDI! Ma oggettivamente non ci si può aspettare il contrario.
Attendo il volume 5 con ansia (nonostante abbia finito l'anime e mi sia fatta un piantino una puntata si e l'altra pure).
Rivedere le sofferenze di Miyo, in maniera anche più "approfondita" sotto certi punti di vista, non è semplice, come non è semplice osservare il disperato bisogno dei protagonisti di aiutarsi, ma allo stesso tempo di non riuscirci.
Miyo non fa in tempo a imparare a riprendersi i suoi spazi, che per un motivo o per un altro, qualcosa la fa cadere nelle vecchie abitudini, la fa cedere a quello che il trauma l'ha abituata ad essere.
Durante la lettura, ti ritrovi quasi a sperare che improvvisamente diventi esattamente l'opposto, che inizi la sua "villain story", perché avrebbe senso, perché con tutta la sofferenza che ha subito e che si porta dentro, non riesci a pensare che possa essere sbagliato che Miyo diventi tutto il contrario di quello che è.
Dall'altro canto, invece, ti ritrovi ancora di più ad ammirare il suo personaggio, l'inizio del suo percorso di crescita, ma soprattutto la sua anima pura.
I contorni fantasy di questa storia, poi, sono a mio modesto parere la ciliegina sulla torta, perché è il filo rosso che permette ai nostri protagonisti di legarsi.
I disegni poi? STUPENDI! Ma oggettivamente non ci si può aspettare il contrario.
Attendo il volume 5 con ansia (nonostante abbia finito l'anime e mi sia fatta un piantino una puntata si e l'altra pure).
Milena insegnami la felicità by Megi Bulla
4.0
"Le differenze completano, non sottraggono"
Mi sono approcciata a questo libro con molta curiosità ed allo stesso tempo con qualche dubbio, questo perché non comprendevo come una storia per bambini, potesse anche essere considerata, una storia per adulti.
Man mano che ascoltavo l'audiolibro (complimenti a Martina per la sua lettura) però, mi sono ricreduta, è diventato molto più chiaro il perché di questa definizione ed allo stesso tempo mi sono ritrovata a condividerla.
La storia parte cauta, ti fa nascere un sorriso spesso e volentieri, per poi addentrarsi in maniera delicata, in argomenti molto più profondi che sostituiscono il precedente sorriso divertito ad un sorriso quasi amaro, portandoti a commuoverti prima ogni tanto e poi spesso e "volentieri" (almeno per quanto riguarda il mio caso).
Ho veramente apprezzato come man mano che il viaggio della nostra protagonista vada avanti, non sia soltanto la nostra Milena a giovarne, ma siano anche tutti i suoi compagni di viaggio, i quali, sono il più delle volte, sono adulti.
Questo dettaglio penso sia un po' la chiave di lettura per la comprensione del perché "Milena insegnami la felicità" sia anche una storia per adulti, perché se è vero che i "cuccioli" di uomo/animale imparano come funziona il mondo dai grani, è anche vero che molto spesso i grandi possono imparare dalla spontaneità dei "cuccioli", il più delle volte ancora privi di questi costrutti/precetti che la crescita ci impone.
Ho particolarmente apprezzato come, nel mentre che la nostra Milena rivive il ricordo del padre mediante tutti quei dolci (e saggi) insegnamenti, il lettore si ritrovi non solo a riviverli insieme a lei, ma anche ad impararli e/o ricordarli: "Se tutto ciò che ti circonda sono urla, alle volte non puoi far altro che urlare a tua volta, ma sappi che non devi per forza. Tu puoi fermare il ciclo, tu puoi essere la prima voce pacata." o "Tu sei forte, Milena, ma non puoi esserlo sempre." e "Ricordati che una brutta parola colpisce più di cento complimenti" (colpevole di aver versato un quantitativo di lacrime pari all'acqua del battesimo in questo esatto momento).
Questa storia tratta diverse tematiche tra queste: il lutto, l'amicizia, il senso di appartenenza, l'inquinamento dei mari, la discriminazione, la paura, la percezione di se stessi ecc.. lo fa in maniera diversa a seconda dell'argomento e (giustamente) in maniera delicata (in quanto si tratta comunque di una storia dedicata a bambini dai 6 anni in su) e dolce.
Questa storia è una dolce coccola, ma anche una fonte di riflessione sotto tanti punti di vista (almeno per quanto riguarda gli adulti) e non vi nego che mi ha re-insegnato che dopotutto, un finale non è altro che un inizio visto a testa in giù.
Mi sono approcciata a questo libro con molta curiosità ed allo stesso tempo con qualche dubbio, questo perché non comprendevo come una storia per bambini, potesse anche essere considerata, una storia per adulti.
Man mano che ascoltavo l'audiolibro (complimenti a Martina per la sua lettura) però, mi sono ricreduta, è diventato molto più chiaro il perché di questa definizione ed allo stesso tempo mi sono ritrovata a condividerla.
La storia parte cauta, ti fa nascere un sorriso spesso e volentieri, per poi addentrarsi in maniera delicata, in argomenti molto più profondi che sostituiscono il precedente sorriso divertito ad un sorriso quasi amaro, portandoti a commuoverti prima ogni tanto e poi spesso e "volentieri" (almeno per quanto riguarda il mio caso).
Ho veramente apprezzato come man mano che il viaggio della nostra protagonista vada avanti, non sia soltanto la nostra Milena a giovarne, ma siano anche tutti i suoi compagni di viaggio, i quali, sono il più delle volte, sono adulti.
Questo dettaglio penso sia un po' la chiave di lettura per la comprensione del perché "Milena insegnami la felicità" sia anche una storia per adulti, perché se è vero che i "cuccioli" di uomo/animale imparano come funziona il mondo dai grani, è anche vero che molto spesso i grandi possono imparare dalla spontaneità dei "cuccioli", il più delle volte ancora privi di questi costrutti/precetti che la crescita ci impone.
Ho particolarmente apprezzato come, nel mentre che la nostra Milena rivive il ricordo del padre mediante tutti quei dolci (e saggi) insegnamenti, il lettore si ritrovi non solo a riviverli insieme a lei, ma anche ad impararli e/o ricordarli: "Se tutto ciò che ti circonda sono urla, alle volte non puoi far altro che urlare a tua volta, ma sappi che non devi per forza. Tu puoi fermare il ciclo, tu puoi essere la prima voce pacata." o "Tu sei forte, Milena, ma non puoi esserlo sempre." e "Ricordati che una brutta parola colpisce più di cento complimenti" (colpevole di aver versato un quantitativo di lacrime pari all'acqua del battesimo in questo esatto momento).
Questa storia tratta diverse tematiche tra queste: il lutto, l'amicizia, il senso di appartenenza, l'inquinamento dei mari, la discriminazione, la paura, la percezione di se stessi ecc.. lo fa in maniera diversa a seconda dell'argomento e (giustamente) in maniera delicata (in quanto si tratta comunque di una storia dedicata a bambini dai 6 anni in su) e dolce.
Questa storia è una dolce coccola, ma anche una fonte di riflessione sotto tanti punti di vista (almeno per quanto riguarda gli adulti) e non vi nego che mi ha re-insegnato che dopotutto, un finale non è altro che un inizio visto a testa in giù.
Half a Soul: Metà di un'anima by Olivia Atwater
5.0
"Sarà pur vero che avete soltanto mezz'anima, Dora. Ma questo non fa di voi una mezza persona"
Da dove iniziare?
Questo libro dallo stile e dalla trama semplice e scorrevole, nasconde decisamente una natura più profonda e dolce, portandoti a fare molte più riflessioni di quanto si possa immaginare all'inizio della storia (la quale mantiene spesso e volentieri uno stile leggero e comico).
Quello che sembra essere un escamotage letterario (chiedo venia per il mancato tecnicismo) per dare il via alla storia, è decisamente molto di più.
La nostra protagonista: Theodora, non è soltanto un'orfana, ma è una bambina tradita, o forse sarebbe meglio dire: costantemente tradita. Una bambina e poi ragazza, a cui viene data la colpa di eventi che subisce, di cui lei non ha colpe.
Chi avrebbe dovuto proteggerla, non l'ha protetta.
Chi avrebbe dovuto amarla, non l'ha amata, o comunque le ha fatto pensare di necessitare obbligatoriamente una "cura", perché il suo modo di essere diversa, non era abbastanza per poter essere amata (anche se questo con cattive intenzioni).
Una bambina che viene costretta a fingersi altro, perché non abbastanza normale, perché non abbastanza emotiva, perché non abbastanza in generale.
Una ragazza a cui viene dispensata cattiveria gratuita, perché vista quasi come una palla al piede da chi se ne doveva prendere cura (e non solo).
Ironico come poi, sia proprio il personaggio da cui meno te lo aspetti (per quelle che erano le premesse del protagonista maschile), che Theodora troverà consolazione, conforto, pace, ma SOPRATTUTTO comprensione e amore.
Quell'amore di cui aveva solo una vaga idea (e non completamente chiara), trasponendolo alle attenzioni e alle delicatezze riservatele solamente dalla cugina (che comunque, in qualche modo, sente il bisogno di guarirla).
Insomma, Theodora rappresenta qualsiasi bambino/a appartenente allo spettro autistico a cui è stato fatto pensare di essere "rotto/a" solamente perché "non abbastanza qualcosa", oppure "troppo qualcosa".
L'epoca regency fa da contorno alla storia, rendendo tutto più delicato ed allo stesso tempo romantico, perché se da una parte l'etichetta rappresenta un limite, dall'altra questa rappresenta una via di fuga.
Il worldbuilding non è complesso, questo perché i mondi che caratterizzano la nostra storia sono simili. C'è il mondo "reale", quello della grigia Inghilterra ottocentesca, e c'è il mondo "magico", che è come se fosse una versione più colorata del mondo reale, ma allo stesso tempo senza via di mezzo (nascondendo in questi eccessi, una denuncia sociale non da poco).
Ma è proprio nell'eccesso che Dora può permettersi di essere se stessa, facendo affidamento (e pace soprattutto) su (con) se stessa.
Ammetto però che mi è un po' dispiaciuto come il finale sia risultato(a mio modesto parere) troppo veloce, quasi sbrigativo, come se l'autrice volesse solamente chiudere la storia perché in difficoltà con la risoluzione della stessa.
Forse, però, mi ero fatta io troppe aspettative (il che è molto probabile), non avendo inizialmente compreso del tutto quello che era il messaggio che voleva veicolare la scrittrice.
"Una volta mi avete detto che per voi vostra cugina era come una lanterna alla cui fiamma potevate riscaldarvi, Dora. Ora so cosa intendevate dire. Anche voi siete diventata come quella lanterna, per me, e non posso permettere che vi spegniate."
Da dove iniziare?
Questo libro dallo stile e dalla trama semplice e scorrevole, nasconde decisamente una natura più profonda e dolce, portandoti a fare molte più riflessioni di quanto si possa immaginare all'inizio della storia (la quale mantiene spesso e volentieri uno stile leggero e comico).
Quello che sembra essere un escamotage letterario (chiedo venia per il mancato tecnicismo) per dare il via alla storia, è decisamente molto di più.
La nostra protagonista: Theodora, non è soltanto un'orfana, ma è una bambina tradita, o forse sarebbe meglio dire: costantemente tradita. Una bambina e poi ragazza, a cui viene data la colpa di eventi che subisce, di cui lei non ha colpe.
Chi avrebbe dovuto proteggerla, non l'ha protetta.
Chi avrebbe dovuto amarla, non l'ha amata, o comunque le ha fatto pensare di necessitare obbligatoriamente una "cura", perché il suo modo di essere diversa, non era abbastanza per poter essere amata (anche se questo con cattive intenzioni).
Una bambina che viene costretta a fingersi altro, perché non abbastanza normale, perché non abbastanza emotiva, perché non abbastanza in generale.
Una ragazza a cui viene dispensata cattiveria gratuita, perché vista quasi come una palla al piede da chi se ne doveva prendere cura (e non solo).
Ironico come poi, sia proprio il personaggio da cui meno te lo aspetti (per quelle che erano le premesse del protagonista maschile), che Theodora troverà consolazione, conforto, pace, ma SOPRATTUTTO comprensione e amore.
Quell'amore di cui aveva solo una vaga idea (e non completamente chiara), trasponendolo alle attenzioni e alle delicatezze riservatele solamente dalla cugina (che comunque, in qualche modo, sente il bisogno di guarirla).
Insomma, Theodora rappresenta qualsiasi bambino/a appartenente allo spettro autistico a cui è stato fatto pensare di essere "rotto/a" solamente perché "non abbastanza qualcosa", oppure "troppo qualcosa".
L'epoca regency fa da contorno alla storia, rendendo tutto più delicato ed allo stesso tempo romantico, perché se da una parte l'etichetta rappresenta un limite, dall'altra questa rappresenta una via di fuga.
Il worldbuilding non è complesso, questo perché i mondi che caratterizzano la nostra storia sono simili. C'è il mondo "reale", quello della grigia Inghilterra ottocentesca, e c'è il mondo "magico", che è come se fosse una versione più colorata del mondo reale, ma allo stesso tempo senza via di mezzo (nascondendo in questi eccessi, una denuncia sociale non da poco).
Ma è proprio nell'eccesso che Dora può permettersi di essere se stessa, facendo affidamento (e pace soprattutto) su (con) se stessa.
Ammetto però che mi è un po' dispiaciuto come il finale sia risultato(a mio modesto parere) troppo veloce, quasi sbrigativo, come se l'autrice volesse solamente chiudere la storia perché in difficoltà con la risoluzione della stessa.
Forse, però, mi ero fatta io troppe aspettative (il che è molto probabile), non avendo inizialmente compreso del tutto quello che era il messaggio che voleva veicolare la scrittrice.
"Una volta mi avete detto che per voi vostra cugina era come una lanterna alla cui fiamma potevate riscaldarvi, Dora. Ora so cosa intendevate dire. Anche voi siete diventata come quella lanterna, per me, e non posso permettere che vi spegniate."
Dead Girls Don't Talk: Flipover Edition by Joanne Carlton
4.0
Come si usa dire, quando qualcosa di triste e/o tragico avviene tra due persone, è necessario sentire "entrambe le campane".
Bene, questo libro ti dà esattamente questa possibilità, facendoti diventare vittima inconsapevole ed allo stesso giudice delle realtà che vengono narrate.
Ogni indizio è lì, ogni pezzo mancante è ben nascosto eppure, come una qualsiasi preda, cadi nella trappola ben nascosta di ognuna delle due folli protagoniste.
Questo libro ti smonta ogni teoria possibile, ti fa creare castelli in aria ed allo stesso tempo te li demolisce. Ogni parola è verità ed allo stesso menzogna.
Questo libro ti dà la possibilità di leggere il POV della vittima (Syl) e, girandolo, ti dà la possibilità di leggere quello dell'amica (Viola), entrambe legate da un passato ed allo stesso tempo da un tragico presente.
Syl, Viola sono entrambe vittima di manipolazioni e giochi orchestrati da altre persone, ma allo stesso tempo di loro stesse. Syl, ti fa provare compassione e tanta tristezza per lei; al contrario, Viola ti fa provare tanta rabbia e ribrezzo.
Questo libro ti pone davanti a tante domande durante la lettura, ma SOPRATTUTTO alla fine, dopo che la verità è stata svelata, dopo che il libro è stato chiuso.
La caratterizzazione dei personaggi è stata fatta in maniera magistrale, a partire dalle protagoniste ed a seguire i personaggi secondari. Viola è un personaggio dai tratti narcisistici, ti vuole prendere in giro, ti vuole usare e lo fa, senza troppi fronzoli, senza troppi sensi di colpa, ma di cui per assurdo ti ritrovi ad apprezzarne la sincerità (lo so che può sembrare folle, ma credetemi, è così, specialmente con il senno di poi). Syl, è quel personaggio che ti fa venire voglia di urlare "Svegliati!", ma che allo stesso tempo sai che nasconde qualcosa di oscuro (probabilmente perché i genitori sono persone discutibili, probabilmente perché Viola l'ha presa in giro ed usata, probabilmente perché è un'anima persa costretta perennemente a mentire a se stessa, ma soprattutto agli altri).
Steve ed Annie, personaggi secondari che fungono un po' da "aiutanti" per le nostre protagoniste, ma allo stesso tempo lo fanno in maniera diversa. Il primo, probabilmente più simile a Syl, che sente il bisogno di vedere quel barlume di luce negli altri, a prescindere dal buio che ha portato loro, a prescindere dal dolore che è stato/viene inflitto. La seconda, invece, più simile a Viola, anche lei sincera stratega, ma con quel filo di empatia che in una delle nostre protagoniste manca.
Ironico, vero?
Il personaggio di Lilli, poi? Penso che sia esattamente il motivo per cui esiste il detto "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio".
Ho apprezzato come entrambi i POV siano simili, ma i dettagli presenti nell'uno e mancanti nell'altro (a fasi alterne), renda molto bene il fatto che nessuna delle due protagoniste fosse totalmente sana di mente, che forse il reale motivo per cui entrambe erano legato era che entrambe riuscissero a riconoscere una certa follia l'una dell'altra (di origine totalmente diversa) e non di certo tutte le decorazioni che si raccontavano (nate nello stesso giorno, nello stesso ospedale, vicine di casa ecc..)
Il finale, come un buon mistery/thriller, mi ha sorpresa; non avevo immaginato sarebbe successo quello che è successo, non mi aspettavo che le modalità sarebbero state quelle. Ammetto però, che non ne sono totalmente convinta, a partire dalla glorificazione di Viola e quasi al relativo cambio di personalità di quest'ultima, alle modalità con cui in tempi forse troppo rapidi si conclude la storia e come venga raggiunta la libertà da parte di entrambe le protagoniste.
Bene, questo libro ti dà esattamente questa possibilità, facendoti diventare vittima inconsapevole ed allo stesso giudice delle realtà che vengono narrate.
Ogni indizio è lì, ogni pezzo mancante è ben nascosto eppure, come una qualsiasi preda, cadi nella trappola ben nascosta di ognuna delle due folli protagoniste.
Questo libro ti smonta ogni teoria possibile, ti fa creare castelli in aria ed allo stesso tempo te li demolisce. Ogni parola è verità ed allo stesso menzogna.
Questo libro ti dà la possibilità di leggere il POV della vittima (Syl) e, girandolo, ti dà la possibilità di leggere quello dell'amica (Viola), entrambe legate da un passato ed allo stesso tempo da un tragico presente.
Syl, Viola sono entrambe vittima di manipolazioni e giochi orchestrati da altre persone, ma allo stesso tempo di loro stesse. Syl, ti fa provare compassione e tanta tristezza per lei; al contrario, Viola ti fa provare tanta rabbia e ribrezzo.
Questo libro ti pone davanti a tante domande durante la lettura, ma SOPRATTUTTO alla fine, dopo che la verità è stata svelata, dopo che il libro è stato chiuso.
La caratterizzazione dei personaggi è stata fatta in maniera magistrale, a partire dalle protagoniste ed a seguire i personaggi secondari. Viola è un personaggio dai tratti narcisistici, ti vuole prendere in giro, ti vuole usare e lo fa, senza troppi fronzoli, senza troppi sensi di colpa, ma di cui per assurdo ti ritrovi ad apprezzarne la sincerità (lo so che può sembrare folle, ma credetemi, è così, specialmente con il senno di poi). Syl, è quel personaggio che ti fa venire voglia di urlare "Svegliati!", ma che allo stesso tempo sai che nasconde qualcosa di oscuro (probabilmente perché i genitori sono persone discutibili, probabilmente perché Viola l'ha presa in giro ed usata, probabilmente perché è un'anima persa costretta perennemente a mentire a se stessa, ma soprattutto agli altri).
Steve ed Annie, personaggi secondari che fungono un po' da "aiutanti" per le nostre protagoniste, ma allo stesso tempo lo fanno in maniera diversa. Il primo, probabilmente più simile a Syl, che sente il bisogno di vedere quel barlume di luce negli altri, a prescindere dal buio che ha portato loro, a prescindere dal dolore che è stato/viene inflitto. La seconda, invece, più simile a Viola, anche lei sincera stratega, ma con quel filo di empatia che in una delle nostre protagoniste manca.
Ironico, vero?
Il personaggio di Lilli, poi? Penso che sia esattamente il motivo per cui esiste il detto "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio".
Ho apprezzato come entrambi i POV siano simili, ma i dettagli presenti nell'uno e mancanti nell'altro (a fasi alterne), renda molto bene il fatto che nessuna delle due protagoniste fosse totalmente sana di mente, che forse il reale motivo per cui entrambe erano legato era che entrambe riuscissero a riconoscere una certa follia l'una dell'altra (di origine totalmente diversa) e non di certo tutte le decorazioni che si raccontavano (nate nello stesso giorno, nello stesso ospedale, vicine di casa ecc..)
Il finale, come un buon mistery/thriller, mi ha sorpresa; non avevo immaginato sarebbe successo quello che è successo, non mi aspettavo che le modalità sarebbero state quelle. Ammetto però, che non ne sono totalmente convinta, a partire dalla glorificazione di Viola e quasi al relativo cambio di personalità di quest'ultima, alle modalità con cui in tempi forse troppo rapidi si conclude la storia e come venga raggiunta la libertà da parte di entrambe le protagoniste.
Il rosmarino non capisce l'inverno by Matteo Bussola
3.0
Ho iniziato questo libro con non poca curiosità, specialmente perché ho avuto il piacere di poter ascoltare alcune interviste dell'autore.
Inoltre, non nego che il prologo mi ha conquistata e non poco, forse perché mi ha portato a riflettere sulla mia esperienza in quanto donna, forse perché mi ha rappresentata.
Non nego che all'inizio le varie storie da cui è composto il libro, mi hanno intrattenuta ed allo stesso tempo confusa, non perché fossero scritte male, ma perché non comprendevo esattamente dove volessero andare a parare. Una serie di spezzoni di vita alcuni molto brevi, altri l'esatto contrario, alcuni passeggeri, altri intensi.
Sensazione che è andata scemando, superata la seconda metà del libro; momento in cui ho compreso come ogni personaggio femminile fosse intrecciato all'altro in una maniera così delicata, ma allo stesso tempo di impatto.
Forse c'è un minimo di presunzione di voler credere di sapere cosa significhi essere una donna, la presunzione di comprendere al 100% ogni dolore, ogni gioia, ogni giudizio e pregiudizio, solo perché sicuramente il nostro autore è una persona particolarmente attento a quelle che sono le mille sfaccettature dell'animo femminile.
E seppure questa presunzione in alcuni casi è sembrata quasi cadere in alcuni luoghi comuni riguardanti la donna (a mio modesto parere "errori" perdonabili), ho apprezzato molto il tentativo (secondo me ben riuscito) di dare voce e soprattutto luce al pensiero femminile.
Non nego che mi sarebbe piaciuta qualche caratterizzazione in più, non nego che mi sarebbe piaciuto approfondire alcuni aspetti di alcuni personaggi, però comprendo anche che, per la natura intrinseca della storia e della narrazione stessa, questo non fosse possibile; sarebbe stato troppo dispersivo.
Non nego di essermi commossa in più occasioni, specialmente verso la fine, quando i POV della nonna, della figlia e dell'amante sono arrivati più forti che mai, quasi a volermi lasciare una cinquina in volto.
Non vi nascondo, infatti, di provare un leggero senso di rammarico; perché forse, se questo libro avesse avuto una struttura leggermente diversa e l'animo femminile fosse stato molto più approfondito, probabilmente se avesse mantenuto il filo riflessivo del prologo, questo libro sarebbe potuto essere uno dei miei preferiti.
Inoltre, non nego che il prologo mi ha conquistata e non poco, forse perché mi ha portato a riflettere sulla mia esperienza in quanto donna, forse perché mi ha rappresentata.
Non nego che all'inizio le varie storie da cui è composto il libro, mi hanno intrattenuta ed allo stesso tempo confusa, non perché fossero scritte male, ma perché non comprendevo esattamente dove volessero andare a parare. Una serie di spezzoni di vita alcuni molto brevi, altri l'esatto contrario, alcuni passeggeri, altri intensi.
Sensazione che è andata scemando, superata la seconda metà del libro; momento in cui ho compreso come ogni personaggio femminile fosse intrecciato all'altro in una maniera così delicata, ma allo stesso tempo di impatto.
Forse c'è un minimo di presunzione di voler credere di sapere cosa significhi essere una donna, la presunzione di comprendere al 100% ogni dolore, ogni gioia, ogni giudizio e pregiudizio, solo perché sicuramente il nostro autore è una persona particolarmente attento a quelle che sono le mille sfaccettature dell'animo femminile.
E seppure questa presunzione in alcuni casi è sembrata quasi cadere in alcuni luoghi comuni riguardanti la donna (a mio modesto parere "errori" perdonabili), ho apprezzato molto il tentativo (secondo me ben riuscito) di dare voce e soprattutto luce al pensiero femminile.
Non nego che mi sarebbe piaciuta qualche caratterizzazione in più, non nego che mi sarebbe piaciuto approfondire alcuni aspetti di alcuni personaggi, però comprendo anche che, per la natura intrinseca della storia e della narrazione stessa, questo non fosse possibile; sarebbe stato troppo dispersivo.
Non nego di essermi commossa in più occasioni, specialmente verso la fine, quando i POV della nonna, della figlia e dell'amante sono arrivati più forti che mai, quasi a volermi lasciare una cinquina in volto.
Non vi nascondo, infatti, di provare un leggero senso di rammarico; perché forse, se questo libro avesse avuto una struttura leggermente diversa e l'animo femminile fosse stato molto più approfondito, probabilmente se avesse mantenuto il filo riflessivo del prologo, questo libro sarebbe potuto essere uno dei miei preferiti.
Stronze si nasce by Felicia Kingsley
4.0
Chi ha detto che str*nze non lo si possa diventare?
Allegra, la nostra protagonista femminile, mi è piaciuta molto, specialmente per quello che è stato il suo percorso di evoluzione.
Durante le prime 200 pagine, il suo atteggiamento mi ha fatto in più occasioni innervosire, perché non riuscivo a comprendere se la sua fosse una totale ingenuità (un po' come quel tipo di persona che non vogliono credere alle cattive intenzioni, come se il mondo fosse solo unicorni e arcobaleni), oppure se volesse semplicemente avere i prosciutti davanti agli occhi.
Ovviamente, si trattava del secondo caso (con il senno di poi, si riesce a comprendere il perché lei non volesse vedere realmente quella che era la realtà dei fatti) e credetemi se vi dico, che quando avviene lo "switch", inizia la magia e soprattutto iniziano i fuochi d'artificio.
Allegra è molto brava a inventare una nuova parte di sè, a creare una nuova sfaccettatura piena di pura essenza str*nza; e lo fa talmente tanto bene al punto tale che perde anche parte di se stessa nel processo.
Tutti quelli che sono gli avvenimenti che portano alla vendetta della nostra protagonista, mi sono piaciuti molto. Un tassello che uno dopo l'altro, si è aggiunto fino ad arrivare l'esplosione finale.
Esplosione che, in parte, si è estinta quando la protagonista cade vittima della sua stessa rabbia e della sua stessa trappola.
Ho QUASI pensato che tutto il percorso di crescita effettuato dalla nostra protagonista, fosse stato mandato in fumo. Per fortuna, la regola del "alle volte, bisogna perdersi per ritrovarsi" è stata rispettata.
Sparkle è la "mean girl" per eccellenza, un personaggio che odi e a cui non riesci a credere anche nel momento in cui inizia a mostrare la propria umanità. Perché ogni sua azione è stata fatta in maniera pensata, ogni cattiveria aveva uno scopo, aveva un bersaglio da colpire e uno da ferire.
La sua caratterizzazione è fatta perfettamente ed è proprio per questo che il suo personaggio risulta essere credibile, CHAPEAU a zia Felicia.
Mi è piaciuto molto anche il personaggio di Drew (forse il mio preferito). Personaggio coerente e lineare. Lo inizi ad apprezzare piano e poi ti ci innamori; probabilmente perché lui è una costante, perché è quel dolce e caldo richiamo alla realtà da cui inconsciamente ti stavi allontanando, come inconsciamente stava facendo la nostra protagonista femminile.
La storia è molto scorrevole e lineare, la nostra d'amore non ha un ruolo principale ed è una cosa che oggettivamente ho apprezzato, perché ha permesso di concentrarci su Allegra, sul suo percorso di evoluzione, sul suo modo di reinventarsi e riscoprirsi. Ha permesso anche di concentrarci sul mondo femminile, sui suoi pregi e sui suoi difetti (come se volesse metterlo al centro dell'attenzione). Ha permesso di concentrarsi su quello che è il senso di competizione, su quella che è la fame di potere e di successo.
Quello che mi ha fatto storcere il naso, è una delle caratteristiche che avevo riscontrato anche in "Matrimonio di convenienza", ovvero la velocità del finale, come se ci fosse un certo affanno nel finire la storia, a volerla chiudere alla meglio. Come se i tempi che dovrebbero essere "dilatati", collassassero su loro stessi diventando concentrati ed esaurendosi in poche pagine.
Mi sono quasi sentita in affanno nella parte finale ed in parte è dovuto al fatto che, anche la protagonista lo fosse, in parte è stato dovuto al fatto che volevo leggere la fine, volevo comprendere se ci sarebbe stato un lieto fine o meno, dall'altra non mi sarebbe dispiaciuto che questo "affanno" fosse stato cadenzato in più pagine.
Allegra, la nostra protagonista femminile, mi è piaciuta molto, specialmente per quello che è stato il suo percorso di evoluzione.
Durante le prime 200 pagine, il suo atteggiamento mi ha fatto in più occasioni innervosire, perché non riuscivo a comprendere se la sua fosse una totale ingenuità (un po' come quel tipo di persona che non vogliono credere alle cattive intenzioni, come se il mondo fosse solo unicorni e arcobaleni), oppure se volesse semplicemente avere i prosciutti davanti agli occhi.
Ovviamente, si trattava del secondo caso (con il senno di poi, si riesce a comprendere il perché lei non volesse vedere realmente quella che era la realtà dei fatti) e credetemi se vi dico, che quando avviene lo "switch", inizia la magia e soprattutto iniziano i fuochi d'artificio.
Allegra è molto brava a inventare una nuova parte di sè, a creare una nuova sfaccettatura piena di pura essenza str*nza; e lo fa talmente tanto bene al punto tale che perde anche parte di se stessa nel processo.
Tutti quelli che sono gli avvenimenti che portano alla vendetta della nostra protagonista, mi sono piaciuti molto. Un tassello che uno dopo l'altro, si è aggiunto fino ad arrivare l'esplosione finale.
Esplosione che, in parte, si è estinta quando la protagonista cade vittima della sua stessa rabbia e della sua stessa trappola.
Ho QUASI pensato che tutto il percorso di crescita effettuato dalla nostra protagonista, fosse stato mandato in fumo. Per fortuna, la regola del "alle volte, bisogna perdersi per ritrovarsi" è stata rispettata.
Sparkle è la "mean girl" per eccellenza, un personaggio che odi e a cui non riesci a credere anche nel momento in cui inizia a mostrare la propria umanità. Perché ogni sua azione è stata fatta in maniera pensata, ogni cattiveria aveva uno scopo, aveva un bersaglio da colpire e uno da ferire.
La sua caratterizzazione è fatta perfettamente ed è proprio per questo che il suo personaggio risulta essere credibile, CHAPEAU a zia Felicia.
Mi è piaciuto molto anche il personaggio di Drew (forse il mio preferito). Personaggio coerente e lineare. Lo inizi ad apprezzare piano e poi ti ci innamori; probabilmente perché lui è una costante, perché è quel dolce e caldo richiamo alla realtà da cui inconsciamente ti stavi allontanando, come inconsciamente stava facendo la nostra protagonista femminile.
La storia è molto scorrevole e lineare, la nostra d'amore non ha un ruolo principale ed è una cosa che oggettivamente ho apprezzato, perché ha permesso di concentrarci su Allegra, sul suo percorso di evoluzione, sul suo modo di reinventarsi e riscoprirsi. Ha permesso anche di concentrarci sul mondo femminile, sui suoi pregi e sui suoi difetti (come se volesse metterlo al centro dell'attenzione). Ha permesso di concentrarsi su quello che è il senso di competizione, su quella che è la fame di potere e di successo.
Quello che mi ha fatto storcere il naso, è una delle caratteristiche che avevo riscontrato anche in "Matrimonio di convenienza", ovvero la velocità del finale, come se ci fosse un certo affanno nel finire la storia, a volerla chiudere alla meglio. Come se i tempi che dovrebbero essere "dilatati", collassassero su loro stessi diventando concentrati ed esaurendosi in poche pagine.
Mi sono quasi sentita in affanno nella parte finale ed in parte è dovuto al fatto che, anche la protagonista lo fosse, in parte è stato dovuto al fatto che volevo leggere la fine, volevo comprendere se ci sarebbe stato un lieto fine o meno, dall'altra non mi sarebbe dispiaciuto che questo "affanno" fosse stato cadenzato in più pagine.
Stolen by the Orc Commander by K.L. Wyatt
2.0
Posso dirlo: "Tik Tok got me there".
Sono sempre stata curiosa di iniziare qualcosa collegata a questo genere: il monster romance ed ora, eccoci qua.
La storia è molto semplice, tendenzialmente non è nulla di alternativo, nulla di innovativo, quindi scorre piacevolmente, nonostante qualche punteggiatura dimenticata per strada.
Ci sono termini, che a mio modesto parere, sono "storpiati" in maniera apposita, in quanto parliamo di creature non umane, che si sono dovute adattare alla lingua umana per poter comunicare tra di loro e con gli altri.
Quindi scelta stilistica a parte, non l'ho trovato malvagio.
Avrei preferito venissero approfondite ed allungate alcune scene, come quella di quando il nostro comandante va in "battaglia", che non solo sarebbe stata l'apoteosi dell'azione, ma sarebbe stata molto importante per comprendere il meccanismo di realizzazione (e accettazione) del fatto che i nostri protagonisti sono destinati a stare insieme, che c'è qualcosa di primordiale che li lega; invece abbiamo solo il pov del nostro orco che dice "Abbiamo combattuto due giorni, abbiamo vinto e non vedo di tornare dalla mia donzella perché siamo compagni".
Io un po' perplessa, non lo nego; specialmente perché ero CURIOSISSIMA di leggere un po' di azione e di comprendere l'interiorità del nostro orco.
La protagonista non mi ha fatto impazzire, però riconosco che sia un personaggio ben costruito e che sa quello che vuole (a costo di sembrare decisamente infantile, in alcuni momenti).
Il protagonista maschile, mi ha lasciata indifferente, probabilmente perché non ha chissà quale evoluzione ed è sembrato in alcuni momenti, piatto.
Sono nuova a questo mondo, quindi non so se valga per tutti i libri di questo genere, però un'altra mia perplessità è che la dinamica che ho letto, mi ha ricordato molto le vibes dei tipici "omegaverse".
In che senso? Nel senso che se al posto di un orco ci fosse stato un licantropo/lupo, NON SAREBBE CAMBIATO NULLA!
Anche perché, tra le varie cose, il nostro protagonista maschile è andato perfino in calore.
Ora, capisco che gli orchi sono creature immaginarie, che non esistono e che su di loro si può pensare qualsiasi cosa.. ma il calore? MAH.
Insomma, libro senza infamia e senza lode, adatto se si vuole distrarre un po' la mente, specialmente se al momento è costretta a spremersi per gli esami universitari.
Sono sempre stata curiosa di iniziare qualcosa collegata a questo genere: il monster romance ed ora, eccoci qua.
La storia è molto semplice, tendenzialmente non è nulla di alternativo, nulla di innovativo, quindi scorre piacevolmente, nonostante qualche punteggiatura dimenticata per strada.
Ci sono termini, che a mio modesto parere, sono "storpiati" in maniera apposita, in quanto parliamo di creature non umane, che si sono dovute adattare alla lingua umana per poter comunicare tra di loro e con gli altri.
Quindi scelta stilistica a parte, non l'ho trovato malvagio.
Avrei preferito venissero approfondite ed allungate alcune scene, come quella di quando il nostro comandante va in "battaglia", che non solo sarebbe stata l'apoteosi dell'azione, ma sarebbe stata molto importante per comprendere il meccanismo di realizzazione (e accettazione) del fatto che i nostri protagonisti sono destinati a stare insieme, che c'è qualcosa di primordiale che li lega; invece abbiamo solo il pov del nostro orco che dice "Abbiamo combattuto due giorni, abbiamo vinto e non vedo di tornare dalla mia donzella perché siamo compagni".
Io un po' perplessa, non lo nego; specialmente perché ero CURIOSISSIMA di leggere un po' di azione e di comprendere l'interiorità del nostro orco.
La protagonista non mi ha fatto impazzire, però riconosco che sia un personaggio ben costruito e che sa quello che vuole (a costo di sembrare decisamente infantile, in alcuni momenti).
Il protagonista maschile, mi ha lasciata indifferente, probabilmente perché non ha chissà quale evoluzione ed è sembrato in alcuni momenti, piatto.
Sono nuova a questo mondo, quindi non so se valga per tutti i libri di questo genere, però un'altra mia perplessità è che la dinamica che ho letto, mi ha ricordato molto le vibes dei tipici "omegaverse".
In che senso? Nel senso che se al posto di un orco ci fosse stato un licantropo/lupo, NON SAREBBE CAMBIATO NULLA!
Anche perché, tra le varie cose, il nostro protagonista maschile è andato perfino in calore.
Ora, capisco che gli orchi sono creature immaginarie, che non esistono e che su di loro si può pensare qualsiasi cosa.. ma il calore? MAH.
Insomma, libro senza infamia e senza lode, adatto se si vuole distrarre un po' la mente, specialmente se al momento è costretta a spremersi per gli esami universitari.
I sette mariti di Evelyn Hugo by Taylor Jenkins Reid
5.0
Questo libro può ufficialmente rientrare tra i libri più belli che ho letto nel 2024.
Lo stile di scrittura è scorrevole, nonostante ci sia un continuo passaggio tra presente e passato, gestito da due p.o.v. diversi, il primo gestito dalla giornalista Monique, il secondo gestito dalla stravagante Evelyn.
Questo passaggio presente-passato, non è mai risultato pesante o confusionario, anzi, sempre il contrario; è stato dinamico e in qualche modo semplice (so che può sembrare un controsenso), probabilmente perché ogni punto di vista, rappresenta esattamente il personaggio che lo sta raccontando.
Quello di Monique è timido, quasi entra in punta di piedi, come se si volesse far guidare da quello di una persona che ne sa di più, come se sfuggisse al suo controllo, per poi diventare sempre più certo, ma comunque rispettoso di quello dell'altra (forse fin troppo privo di giudizi, almeno per tre quarti della storia). Quello di Evelyn è quasi arrogante, fin troppo deciso, in controllo della situazione, è quello di chi sa, che il gioco è nelle sue mani, è quello dei burattinaio, che decide lui come e quando far avvenire qualcosa, è quello di una donna che ormai ha vissuto tanto e sotto certi punti di vista anche troppo.
E' quello di chi non ha più nulla da perdere e proprio per questo, non si pone problemi nel raccontare la realtà nuda e cruda, a prescindere da quale sia stato il mezzo per giungere a quella verità; è quello di chi probabilmente si auto-giudica ma che comunque ripeterebbe all'infinito.
Questo libro parla di talmente tanti argomenti e talmente tanti contrasti che, per quanto mi riguarda, era inevitabile mi conquistasse.
Parla di amore in senso lato, parla di amore romantico, ma (soprattutto) di amore platonico.
Parla di sofferenza fisica e mentale, parla di tristezza, parla di ab*si, parla di dolore, parla di perdita (anche in questo caso, di perdita in senso lato).
Parla di successo (e cosa si è disposti a fare pur di raggiungerlo e non perderlo), parla di giustizia e soprattutto di ingiustizia (non vi nego che durante la lettura in più occasioni mi sono trovata a dire "Non è giusto!" "Non dovrebbe andare così") e tutto questo caotico mix, si sposa perfettamente con quella che poi è la personalità cinica e (a tratti) fredda di Evelyn (e non so se percepite il collegamento con quella che è stata la descrizione anche del suo pov).
Il suo personaggio è scritto/costruito veramente bene. Come ne rimane affascinato il mondo intero (nella sua realtà letteraria), ne rimane affascinata Monique e ne rimane affascinato il lettore. Come potete comprendere, non è quel personaggio che vuole finge di essere il paladino della giustizia, non è quel personaggio che mente a se stesso dicendo "no, ma lo sto facendo per il bene universale". Lei ha fatto delle cose (alcune di esse sono oggettivamente discutibili) e lo ammette, non fieramente sia chiaro, ma non prova a nascondersi dietro un dito.
Evelyn non vuole fare totalmente ammenda, lei vuole egoisticamente, liberarsi da un peso (più di uno in realtà). Egoisticamente, lei vuole raggiungere il suo ultimo scopo e di cosa succede intorno a sè, le interessa relativamente poco. Lei vuole essere libera. Libera dai sensi di colpa, libera dalle menzogne, libera dalle verità nascoste.
Quello che fa provare più rabbia, tristezza e dolore è il fatto che sia nel caso Evelyn avesse avuto qualcosa da perdere, sia nel caso Evelyn avesse avuto qualcosa da guadagnare; in generale: qualsiasi fosse stata la strada da intraprendere per raggiungere il suo scopo, quello che è il "successo", lei l'avrebbe inseguita.
In questi momenti ho provato rabbia, quasi odio nei confronti della nostra protagonista, perché sai (e sa Evelyn), che questo porterà inevitabilmente a far soffrire i personaggi e di conseguenza anche te lettore e in senso lato Evelyn, però dall'altra parte mi sono ritrovata (mio rammarico) a comprendere le ragioni della nostra attrice.
Tutte queste storie, questi dolori, queste perdite, questi amori e questi perenni up and down, ti portano verso la fine della storia a disperarti, perché sai che la fine non sarà dolce, bensì dolce-amara. Non ci sarà un lieto fine, non ci sarà un dolce finale per Evelyn o in generale non ci sarà il finale che vorresti avvenisse in un mondo ideale.
Tutto quello che è scritto, il modo con cui è scritto è tutto dannatamente giusto.
Io ho finito il libro ed ho semplicemente detto: WOW.
Lo stile di scrittura è scorrevole, nonostante ci sia un continuo passaggio tra presente e passato, gestito da due p.o.v. diversi, il primo gestito dalla giornalista Monique, il secondo gestito dalla stravagante Evelyn.
Questo passaggio presente-passato, non è mai risultato pesante o confusionario, anzi, sempre il contrario; è stato dinamico e in qualche modo semplice (so che può sembrare un controsenso), probabilmente perché ogni punto di vista, rappresenta esattamente il personaggio che lo sta raccontando.
Quello di Monique è timido, quasi entra in punta di piedi, come se si volesse far guidare da quello di una persona che ne sa di più, come se sfuggisse al suo controllo, per poi diventare sempre più certo, ma comunque rispettoso di quello dell'altra (forse fin troppo privo di giudizi, almeno per tre quarti della storia). Quello di Evelyn è quasi arrogante, fin troppo deciso, in controllo della situazione, è quello di chi sa, che il gioco è nelle sue mani, è quello dei burattinaio, che decide lui come e quando far avvenire qualcosa, è quello di una donna che ormai ha vissuto tanto e sotto certi punti di vista anche troppo.
E' quello di chi non ha più nulla da perdere e proprio per questo, non si pone problemi nel raccontare la realtà nuda e cruda, a prescindere da quale sia stato il mezzo per giungere a quella verità; è quello di chi probabilmente si auto-giudica ma che comunque ripeterebbe all'infinito.
Questo libro parla di talmente tanti argomenti e talmente tanti contrasti che, per quanto mi riguarda, era inevitabile mi conquistasse.
Parla di amore in senso lato, parla di amore romantico, ma (soprattutto) di amore platonico.
Parla di sofferenza fisica e mentale, parla di tristezza, parla di ab*si, parla di dolore, parla di perdita (anche in questo caso, di perdita in senso lato).
Parla di successo (e cosa si è disposti a fare pur di raggiungerlo e non perderlo), parla di giustizia e soprattutto di ingiustizia (non vi nego che durante la lettura in più occasioni mi sono trovata a dire "Non è giusto!" "Non dovrebbe andare così") e tutto questo caotico mix, si sposa perfettamente con quella che poi è la personalità cinica e (a tratti) fredda di Evelyn (e non so se percepite il collegamento con quella che è stata la descrizione anche del suo pov).
Il suo personaggio è scritto/costruito veramente bene. Come ne rimane affascinato il mondo intero (nella sua realtà letteraria), ne rimane affascinata Monique e ne rimane affascinato il lettore. Come potete comprendere, non è quel personaggio che vuole finge di essere il paladino della giustizia, non è quel personaggio che mente a se stesso dicendo "no, ma lo sto facendo per il bene universale". Lei ha fatto delle cose (alcune di esse sono oggettivamente discutibili) e lo ammette, non fieramente sia chiaro, ma non prova a nascondersi dietro un dito.
Evelyn non vuole fare totalmente ammenda, lei vuole egoisticamente, liberarsi da un peso (più di uno in realtà). Egoisticamente, lei vuole raggiungere il suo ultimo scopo e di cosa succede intorno a sè, le interessa relativamente poco. Lei vuole essere libera. Libera dai sensi di colpa, libera dalle menzogne, libera dalle verità nascoste.
Quello che fa provare più rabbia, tristezza e dolore è il fatto che sia nel caso Evelyn avesse avuto qualcosa da perdere, sia nel caso Evelyn avesse avuto qualcosa da guadagnare; in generale: qualsiasi fosse stata la strada da intraprendere per raggiungere il suo scopo, quello che è il "successo", lei l'avrebbe inseguita.
In questi momenti ho provato rabbia, quasi odio nei confronti della nostra protagonista, perché sai (e sa Evelyn), che questo porterà inevitabilmente a far soffrire i personaggi e di conseguenza anche te lettore e in senso lato Evelyn, però dall'altra parte mi sono ritrovata (mio rammarico) a comprendere le ragioni della nostra attrice.
Tutte queste storie, questi dolori, queste perdite, questi amori e questi perenni up and down, ti portano verso la fine della storia a disperarti, perché sai che la fine non sarà dolce, bensì dolce-amara. Non ci sarà un lieto fine, non ci sarà un dolce finale per Evelyn o in generale non ci sarà il finale che vorresti avvenisse in un mondo ideale.
Tutto quello che è scritto, il modo con cui è scritto è tutto dannatamente giusto.
Io ho finito il libro ed ho semplicemente detto: WOW.
Persone normali by Sally Rooney
4.0
Da dove iniziare?
Ci sono così tante cose da dire, che mi rendo conto di non poter dare un ordine ai miei pensieri.
Quindi se questa recensione risulterà caotica, vi chiedo perdono.. MA il suo essere caotica rispecchierà a pieno l'indole dei suoi personaggi.
Non ho mai provato questo senso di frustrazione nei confronti di nessuna coppia di personaggi, eppure "Come anima mai" pensavo avesse toccato picchi che non sarei mai più riuscita a toccare.. a quanto pare mi sbagliavo.
Però perché 4 stelle/5? Perché è vero che questi due, vi faranno perdere la sanità mentale, ma è anche vero, che ENTRAMBI rimangono fedeli a sè stessi.
Il titolo del libro, penso sia esattamente una provocazione, perché Marianne e Connell, non sono esattamente "persone normali", nè per il loro ceto sociale, nè per la loro posizione sociale, nè per il loro stato familiare, nè per la loro visione del mondo.
Sono personaggi con cui è oggettivamente difficile entrare totalmente in sintonia e se generalmente questo sarebbe, a mio modesto parere, un punto a sfavore del libro.. in questo specifico caso, è assolutamente il contrario.
Puoi rivederti in alcune dinamiche, in alcuni vissuti di uno o dell'altra, puoi SIMPATIZZARE (perché per quanto mi riguarda, è questo che ti ritrovi a fare per tutto il libro) per i nostri protagonisti, ma mai immedesimarti.
Sono ragazzi che non sanno cosa vogliono e come lo vogliono e tecnicamente sarebbe anche normale se pensi al fatto che "sono ragazzi", il problema è che non hanno nemmeno UNA VOLTA, l'idea di volere una cosa in maniera specifica.
Pensi che vogliano "x" ed invece, no! Vogliono "y" e pensi che lo vogliamo in un determinato modo, ma in realtà lo vogliono in un altro modo ancora.
E tu, lettore, ti ritrovi a fare "avanti e indietro" insieme a loro, come se fossi una barca in mezzo alla tempesta.
Ecco.. Penso che la metafora sia esattamente questa.
I nostri protagonisti sono perennemente su una barca in piena tempesta.
Toccano "terra ferma" per qualche secondo e subito con l'ennesima viaggio.
E questo ha perfettamente senso con la loro natura intrinseca, con i loro vissuti.
Perché si, è vero che in più momenti li ho odiati, ma è anche vero che ogni personaggio rimane COERENTE a sè stesso.
Non so se, sia una cosa voluta dall'autrice, o se sia una grande coincidenza, ma nel libro, più volte viene citato il fatto che gli unici che si riescono a comprendere a vicenda, sono i due protagonisti e basta.
Bene.. mi sento esattamente di confermare.
Ma questo grande segreto di comprensione, viene meno quando gli unici a capire siamo noi lettori.
In che senso?
BEH.. Se abbiamo la certezza che entrambi si vogliono e che entrambi siano pronti a fare "il prossimo passo", loro, non lo sanno.. e per qualche paura e/o "miss understanding" viene tutto mandato in vacca.
E' come se a loro, la serenità/tranquillità non piaccia ed infatti è esattamente così, se prendiamo i vari contesti in cui entrambi vivono (separatamente o in contemporanea).
L'ultimo capitolo vi illude, vi fa sperare in un lieto fine, infatti, ammetto che mi stavo sorprendendo di questa piega "idilliaca" di questo vago senso di appartenenza dell'uno all'altra, eppure... negli ultimi istanti, ti rendo conto che non è così.
E' vero che entrambi si appartengono (la leggenda del filo rosso probabilmente è stata costruita su di loro, o forse anche il significato di "anime gemelle"), però come abbiamo detto prima, loro sono navi in tempesta ed oggettivamente erano stati fermi sulla terra ferma, per troppo tempo.
Quindi, è vero che ci sono rimasta male del "mancato" lieto fine, ma è anche vero che questa conclusione, è la conclusione più coerente con tutto quello che è stato raccontato nel libro.
Ci sono così tante cose da dire, che mi rendo conto di non poter dare un ordine ai miei pensieri.
Quindi se questa recensione risulterà caotica, vi chiedo perdono.. MA il suo essere caotica rispecchierà a pieno l'indole dei suoi personaggi.
Non ho mai provato questo senso di frustrazione nei confronti di nessuna coppia di personaggi, eppure "Come anima mai" pensavo avesse toccato picchi che non sarei mai più riuscita a toccare.. a quanto pare mi sbagliavo.
Però perché 4 stelle/5? Perché è vero che questi due, vi faranno perdere la sanità mentale, ma è anche vero, che ENTRAMBI rimangono fedeli a sè stessi.
Il titolo del libro, penso sia esattamente una provocazione, perché Marianne e Connell, non sono esattamente "persone normali", nè per il loro ceto sociale, nè per la loro posizione sociale, nè per il loro stato familiare, nè per la loro visione del mondo.
Sono personaggi con cui è oggettivamente difficile entrare totalmente in sintonia e se generalmente questo sarebbe, a mio modesto parere, un punto a sfavore del libro.. in questo specifico caso, è assolutamente il contrario.
Puoi rivederti in alcune dinamiche, in alcuni vissuti di uno o dell'altra, puoi SIMPATIZZARE (perché per quanto mi riguarda, è questo che ti ritrovi a fare per tutto il libro) per i nostri protagonisti, ma mai immedesimarti.
Sono ragazzi che non sanno cosa vogliono e come lo vogliono e tecnicamente sarebbe anche normale se pensi al fatto che "sono ragazzi", il problema è che non hanno nemmeno UNA VOLTA, l'idea di volere una cosa in maniera specifica.
Pensi che vogliano "x" ed invece, no! Vogliono "y" e pensi che lo vogliamo in un determinato modo, ma in realtà lo vogliono in un altro modo ancora.
E tu, lettore, ti ritrovi a fare "avanti e indietro" insieme a loro, come se fossi una barca in mezzo alla tempesta.
Ecco.. Penso che la metafora sia esattamente questa.
I nostri protagonisti sono perennemente su una barca in piena tempesta.
Toccano "terra ferma" per qualche secondo e subito con l'ennesima viaggio.
E questo ha perfettamente senso con la loro natura intrinseca, con i loro vissuti.
Perché si, è vero che in più momenti li ho odiati, ma è anche vero che ogni personaggio rimane COERENTE a sè stesso.
Non so se, sia una cosa voluta dall'autrice, o se sia una grande coincidenza, ma nel libro, più volte viene citato il fatto che gli unici che si riescono a comprendere a vicenda, sono i due protagonisti e basta.
Bene.. mi sento esattamente di confermare.
Ma questo grande segreto di comprensione, viene meno quando gli unici a capire siamo noi lettori.
In che senso?
BEH.. Se abbiamo la certezza che entrambi si vogliono e che entrambi siano pronti a fare "il prossimo passo", loro, non lo sanno.. e per qualche paura e/o "miss understanding" viene tutto mandato in vacca.
E' come se a loro, la serenità/tranquillità non piaccia ed infatti è esattamente così, se prendiamo i vari contesti in cui entrambi vivono (separatamente o in contemporanea).
L'ultimo capitolo vi illude, vi fa sperare in un lieto fine, infatti, ammetto che mi stavo sorprendendo di questa piega "idilliaca" di questo vago senso di appartenenza dell'uno all'altra, eppure... negli ultimi istanti, ti rendo conto che non è così.
E' vero che entrambi si appartengono (la leggenda del filo rosso probabilmente è stata costruita su di loro, o forse anche il significato di "anime gemelle"), però come abbiamo detto prima, loro sono navi in tempesta ed oggettivamente erano stati fermi sulla terra ferma, per troppo tempo.
Quindi, è vero che ci sono rimasta male del "mancato" lieto fine, ma è anche vero che questa conclusione, è la conclusione più coerente con tutto quello che è stato raccontato nel libro.